O.o
oddio un altra noooooooooooooooo!
Capitolo 4:
Il cancello
<<no! >> gridò Ico. Saltò a piè pari gli scalini, rischiando di cadere giù dalla piccola sporgenza in cui il buco si apriva. Perse momentaneamente l'equilibrio, ma arrancando avanti si riprese. E della mano non rimanevano che le dita.
<< No!>> gridò di nuovo.
Si chinò sul buco, infilando la mano nel buio liquido e afferrando quello che doveva essere il braccio della ragazza. Un brivido lo pervase, insieme alla paura che lo prese allo stomaco come nel suo incubo. Ma non mollò la presa.
La lotta era tra lui e la creatura del buio che la stava trascinando dall'altra parte. Lentamente il braccio della fanciulla uscì dal portale e poco dopo sbucò anche l'altro. Si aggrappò alla pietra e insieme a Ico fece forza per uscire da quell'inferno. All'improvviso la resa che stringeva la ragazza mollò e insieme vennero catapultati sulle scale. Passarono un paio di secondi prima che Ico riuscisse a rialzarsi, il dolore al braccio ferito che lo scuoteva. Davanti a lui la creatura era riuscita dal buco e il suo sguardo sembrava puntato su di lui. La ragazza si alzò in piedi a sua volta poggiando una mano sulla schiena di Ico. Ico strinse forte la mano, pronto ad attaccare...ma nella sua mano non c'era niente. Il bastone, l'unica sua difesa, non c'era. Si guardò intorno e lo vide, dietro di loro sull'ampio spiazzo sopra la piccola scalinata. Entrambe le parti erano immobili, aspettando la mossa dell'avversario. Lentamente l mano del maledetto scese, fino a stringere quella della ragazza. Gliela strinse, pronto a fare la sua mossa.
Appena la creatura alata fece un passo Ico si girò salendo le scale di corsa, la ragazza che lo seguiva mano nella mano. Corsero velocemente verso il bastone, ma Ico sentiva il battere delle ali della creatura d'ombra proprio dietro di lui. Ancora un altro passo. Si chinò a prendere il bastone e senza neanche guardare menò un fendente dietro di loro. Sentì il bastone colpire la creatura, ma non era finita l'essere si alzò in volo, girando in ampi cerci sopra di loro come un avvoltoio. Ico lo guardava nervoso, mente la creatura non accennava a scendere.
<< Vieni giù, dannato coso! >> gli gridò, ma questo non cambiò le cose. La creatura poggiava piede a terra per poco, giusto il tempo per dare a Ico la possibilità di colpire il vuoto, dove poco prima si trovava
La mano della ragazza si posò sulla sua spalla. Ci fu un bisbiglio, in una strana lingua e poi la fanciulla lo superò facendo alcuni passi verso il centro dello spiazzo. Si voltò verso Ico, guardandolo negli occhi. E Ico capì, era l'unico modo.
Come non potesse trattenersi da prendere quell'indifesa preda la creatura scese dal cielo avvicinandosi alla ragazza. Era a pochi metri, ma Ico non mosse un muscolo. Stava tendendo le ali verso la fanciulla. Lei non guardava, teneva il suo sguardo in quello di Ico, sicura. La stava per sfiorare, quell'ombra nera quasi a contatto con la sua pelle bianca.
Ico scattò. Un suo bastone colpì la creatura al petto e subito dopo la colpì di nuovo, cercando di non farlo più salire in cielo. L'essere cadde a terra, anche lui sembrava subire i colpi ricevuti nonostante non fosse altro che fumo. Ico non poteva permettersi di avere pietà, lo colpì nonostante fosse a terra, con il suo bastone che stava cominciando a risentire di tutti quei combattimenti.
Un colpo e un altro ancora, ma l'essere non spariva, non si dissolveva in fumo. Ma poi i brandelli d'ombra che lo componevano iniziarono a sfumare. Ico si fermò, facendo un respiro profondo: era finita.
Si voltò verso la ragazza sorridendo, ma la vide portarsi una mano alla bocca, mentre tendeva l'altra verso di lui come per avvertirlo.
Un colpo, che probabilmente aveva perso molto della forza originale, lo spedì lontano, facendogli attraversare tutto lo spiazzo e lasciandolo intontito a poco dallo strapiombo sul mare sotto di loro. Il bastone stava compiendo la sua parabola sopra Ico finendola poi molti metro più sotto, nell'acqua salata.
Il maledetto cercò di alzarsi poggiandosi sul braccio destro. Quello sinistro gli doleva troppo anche solo per muoverlo. La bianca fanciulla stava scappando, la creatura ad inseguirla a passi lenti, sull'orlo del disfacimento. Ico non aveva più armi, la loro unica difesa era caduta in mare.
Indifesi...o non proprio.
Ico si alzò faticosamente, la testa china fissava l'essere. Un passo dopo l'altro gli si avvicinò, aumentando la velocità. Le sua corna, che da bianche sfumavano al nero, erano appuntite e micidiali quanto quelle di un toro. Nel momento in cui colpì la creatura quella si dissolse.
Davanti a loro il ponte, quello che portava a una delle prime sale in cui erano entrati, quello che la ragazza non gli aveva permesso di saltare. Ico sapeva che non era di nessuna utilità, ma tirò comunque la leva che faceva ricomporre il ponte, senza pensare che, l'altro ponte, quello di pietra, era crollato e non vi era più nessun modo per tornare indietro.
La ragazza era a su fianco, lo sguardo perso come spesso accadeva.
Un debole raggio di sole la stava illuminando, tingendo di rosso il suo vestito candido. Ormai era il tramonto, avevano poco tempo per trovare un posto sicuro in cui passare la notte. Ma c'era veramente un posto sicuro all'interno di quella fortezza?
Ico la prese per mano, un gesto quasi automatico ormai. E pensare che quella mattina era stato un po nervoso al pensiero di stringergli la mano.
Erano su un piccolo spiazzo verdeggiante, l'unica nota di colore che avevano visto fin'ora, in quella desolata prigione. Alla sinistra una scalinata stretta e senza mancorrente che portava al piano di sotto e davanti a loro un ancora più stretto passaggio che portava dentro una costruzione. Lo passarono, aspettandosi di tutto ormai, e si ritrovarono in una grossa sala, l'architettura sembrava più nuova rispetto al resto della fortezza. C'erano due passerelle ai lati della stanza e una che l'attraversava centralmente sospesa come un ponte. Sotto avrebbe dovuto esserci la stanza vera e propria, ma a metà veniva divisa da uno strapiombo buio che finiva chissà dove. E dalla parte che non potevano raggiungere dalle scale esterne, il portale degli idoli. Ma Ico non vi diede molto peso. Davanti a loro c'era un ampio arco che portava fuori dove la luce del sole sembrava accecante rispetto alla scarsa illuminazione del lampadario sul soffitto.
Uscirono fuori attraversando la stanza sul ponte centrale ritrovandosi su una balconata. Davanti a loro due ponti che portavano nella stessa direzione, entrambi divisi a metà, le due parti che le componevano alzate verso l'alto. Ico si guardò intorno, in cerca di una leva, ma non vide niente. Il balcone era vuoto, solo pietra e niente che servisse ad abbassare i ponti. Si affacciò verso il piano di sotto, spaziando con lo sguardo su un ampio cortile di pietra. Proprio sotto di lui, cioè dopo aver superato il portale degli idoli al piano di sotto, un scala che portava a due passerelle di pietra. Seguendole, sia una che l'altra si sarebbe arrivati ai due lati di un altro portale degli idoli situato un piano di sotto rispetto alle passerelle, dove poca terra verdeggiante fungeva da tomba ad altrettanto poche lapidi senza nome.
<< Dobbiamo scendere..>> sospirò Ico. Ma come? Era impossibile superare l'enorme strapiombo che divideva la due metà della stanza sottostante. Il piano in cui si trovava lui, invece era situato troppo in alto, si sarebbe sicuramente rotto qualcosa se se fosse saltato e già così la sua situazione non era delle migliori.
Tornarono indietro fino allo spiazzo verdeggiante e presero le stette scale che portavano al piano di sotto. Ma con sorpresa, poco prima della porta che portava dentro la sala, trovarono delle bombe. Sfere nere e grosse con una lunga miccia ad una estremità. Ico le studiò, le aveva viste solo una volta in vita sua e non era molto sicuro di come funzionassero. Quandosi alzò in piedi, quasi nascosto dietro quelle bombe, un bastone. Ma un bastone come si deve, non quella stupida torcia caduta per caso. Lo raccolse, sentendolo più pesante e più resistente del precedente.
“La torcia...”All'improvviso fu preso da un'idea. Corse dentro la sala seguito dalla ragazza e si ritrovò alla base del ponte che attraversava la stanza la piano di sotto. Aveva solo più un pilastro a reggerlo, quello dalla parte da cui si trovavano. Se avesse fatto saltare in aria quel sostegno forse il ponte sarebbe caduto, permettendogli di passare dall'altra parte.
Per far esplodere la bomba, ne era sicuro, avrebbe dovuto accendere la miccia con del fuoco.
Il suo sguardo andò subito verso l'alto, al lampadario acceso contro ogni buona logica.
Si fece strada arrampicandosi sui davanzali delle piccole, impolverate e speso sbarrate finestrelle della sala, riuscendo infine ad arrivare in cima, ai grandi architravi che percorrevano il soffitto. In centro il fuoco ardeva nelle piccole ma tenaci candele del lampadario. Ico si mosse sicuro su un architrave: era così grande da farci passare un carro.
Arrivò vicino al lampadario e si chinò, la pancia sul legno e il proprio bastone allungato verso il basso nel tentativo di accenderlo nel fuoco delle candele. Ma era troppo distante.
Il suo stomaco si rivoltò all'idea di ciò che stava per fare, ma non vi era molta latra scelta. Si mise seduto sull'architrave e poi con una salto scese giù, sul lampadario. Uno strano suono metallico riecheggiò per la sala vuota. La breve catena che reggeva il lampadario, già su punto di rompersi, subì il colpo di grazia.
Uno dei grossi anelli si ruppe. Ico sentì il vuoto nel suo stomaco mentre cadeva. Un grido, quello della ragazza gli riempì le orecchie. Quando il candeliere colpì il ponte sotto di loro Ico venne sbalzato fuori atterrando, per fortuna, sopra la stratta passerella. Il lampadario cadde giù, rompendosi. Un pezzo finì nell'abisso e passarono diversi secondi prima che lo si sentisse toccare il fondo. Ma il pezzo più importante, quello con le candele, era rimasto al piano di sotto, sul pavimento di pietra della zona che potevano raggiungere.
Ico non fece in tempo ad esultare, che una mano diafana gli si posò sulla spalla. Si voltò verso la ragazza e ne vide il volto preoccupato. Lei scosse la testa
” non farlo più!” diceva il suo sguardo.
Ico posò la propria mano su quella di lei.
<< Tranquilla >> le disse con il sorriso, ma lo sapeva che non aveva molto senso. Non era la prima volta che rischiava la vita lì dentro e non sarebbe neanche stata l'ultima.
Si alzarono e insieme scesero le scale esterne. Ico prese una delle grosse bombe e entrando la depose vicino al sostegno del ponte. Fece segno alla fanciulla di allontanarsi e lei, la preoccupazione che non l'aveva ancora lasciata, indietreggiò. Ico prese una delle candele dal lampadario e si avvicinò alla bomba. Aveva un po paura. E se fosse esplosa subito? Vicino alla porta erano davvero al sicuro?
Prese un respiro profondo e con mano tremante accese la miccia. Buttò subito via la candela e correndo vero la porta prese la ragazza per mano. Insieme uscirono mentre la bomba esplodeva alle loro spalle. Sentirono un schianto, l'unico pilastro del ponte che crollava rumorosamente. Quando tutti i rumori finirono i due ragazzi osarono mettere piede dentro la stanza. Il ponte era crollato, ma non come Ico aveva creduto. La parte del ponte sopra di oro si trovava appunto ancora sopra di loro e dal piano di sopra formava una rampa in discesa che finiva proprio davanti al portale degli idoli. La fanciulla sospirò sollevata insieme ripercorsero le scale esterne scendendo con entusiasmo fino al portale degli idoli. La fanciulla lo aprì e lo superarono ritrovandosi sulle passerelle di pietra. Percorsero quella sulla destra e scendendo una breve scala si ritrovarono davanti ad un altro portale degli Idoli. Ico si guardò intorno circospetto: era da molto che non venivano attaccati. Da quando il suo bastone era volato del vuoto, ma sicuramente non lo facevano per permettergli di recuperare un altra arma. Effettivamente dopo la perdita del suo bastone si erano subito ritrovati nello spiazzo d'erba e ora, proprio sotto di loro, vi era poca ma verdeggiante erba.
Non poteva essere solo una coincidenza.
La ragazza lasciò la sua mano facendosi avanti per aprire il portale degli idoli. Ma appena la luce finì, Ico la vide correre in avanti. La seguì, il bastone sempre stretto con forza in mano. Si ritrovarono in un enorme cortile, il suolo quasi interamente ricoperto d'erba. Quattro torce per parte ai bordi del piccolo marciapiede di pietra che proseguiva davanti a loro. E alla sua fine, grosso e maestoso, il cancello.
Un enorme cancello, dalle ante alte quanto l'intera sala del candelabro, da pavimento del piano di sotto al soffitto. Ico non credeva ai suoi occhi.
<< Guarda...il cancello è aperto! >> riuscì solo a biascicare. Ed era vero. Le enormi ante erano spalancate, oltre vi era un lungo ponte di pietra che portava ad una scogliera, sulla terra ferma, sulla terra degli uomini, lontano da quell'isola di spettri e maledizioni.
Il sorriso gli tornò insieme alla voce.
<< Ora possiamo andarcene da qui! >> gridò.
Ma nell'esatto momento in cui pronunciò quelle parole le due ante del cancello cominciarono a chiudersi senza che nessuno le spingesse, veloci nonostante la loro mole.
Ico strinse i denti con determinazione. La libertà era vicina! Non se la sarebbe fatta scappare.
<< Andiamo! >> disse e prese la ragazza per un polso tirandola dietro di se. Insieme corsero veloce in quella gara contro il tempo. Il cancello era quasi chiuso, ma loro era vicini.
Mancava così poco...così poco...!
Ma all'improvviso qualcosa tiro Ico all'indietro, facendolo fermare di botto. La ragazza si era inciampata, facendolo fermare. Le loro mani si era disgiunte. Ico sentiva inesorabile il passare del tempo, la loro libertà che gli scappava tra le dita come fosse sabbia. Fece un passo verso di lei, per prenderla per mano ed aiutarla ad alzarsi, forse potevano ancora farcela.
Ma in quel momento capì che la ragazza non era inciampata. Era stata
fermata.
Un ombra comparve alle sua spalle. A differenza dei soliti buchi neri su pavimento questo si formò a mezz'aria e ne uscì una figura strana.
Era grossa, più grossa di un umano, ma i lineamenti sembravano gli stessi. Era una donna, la pelle diafana e l'intero corpo ricoperto da un mantello di oscurità sfilacciato, i capelli neri della stessa consistenza.
Aveva lo sguardo rivolto verso la fanciulla, severo e impassibile. Parlò con voce dura nella stessa lingua che aveva sentito pronunciare alla giovane. Non ne afferrava le parole, ma erano austere e crudeli.
La ragazza abbassò lo sguardo a terra, mortificata con un lieve spavento nel volto.
Poi la strana donna sembrò notarlo. Alzò lo sguardo verso di lui, fissandolo negli occhi con durezza e sdegno.
<< E così...>> iniziò. La stessa voce fredda, ma questa volta nella lingua degli uomini. << ...Tu saresti quello che porta in giro senza una meta la mia cara Yorda >> continuò. << Sai chi è questa ragazza?>> lasciò uno spazio come se pretendesse una risposta, ma quando Ico stava per aprire bocca lei rispose al posto suo.
<< Questa è la mia cara e adorata figlia! >> gli urlò contro. Ico abbassò gli occhi, indietreggiando di un passo sotto l'impeto delle parole della donna.
<< Smettila di perdere tempo con lei. Yorda è nata in un mondo diverso da quello dei ragazzi con le corna.>>
E dopo il timore venne la vergogna, la vergogna per se stesso che quasi mai lo aveva abbandonato ritornò a farsi sentire con più forza.
<< Ora che sai come stanno le cose puoi anche andartene >> Neanche il tempo di finire quella frase che la donna stava già scomparendo, inghiottita dal buio. Il cuore di Ico iniziò a rallentare. Sembrò riprendere fiato come dopo una lunga apnea. Fece un passo verso la ragazza, ancora u po scosso.
<< Stai bene? >> gli chiese porgendogli la mano.
La fanciulla la afferrò, alzandosi in piedi. Disse qualcosa sotto voce nella sua lingua, lo sguardo mortificato fisso a terra.
La voce della donna ritornò, riempendo l'aria. Parlò a lungo nella lingua che Ico non conosceva e ad ogni parola lo sguardo della ragazza si riempiva di altro dolore e tristezza. Finì il tutto con una risata crudele che tolse il fiato ad entrambi.
Ma Ico si riprese. Posò le mani sulle spalle della ragazza voltandola vero di lui. Le sorrise cercando di trasmettergli la propria sicurezza.
<< Ce ne andremo >> le disse << troveremo un altro modo. Non importa quanto ci vorrà, ma ce ne andremo. Ce ne andremo insieme >>
e mentre lei tentava un sorriso, lui si rigirò sulla lingua quel nome così bello e dolce.
“Yorda...”
Raffinato, grazioso e fragile.
Yorda.
Il nome perfetto per quella candida fanciulla.