Ico

« Older   Newer »
  Share  
lovegreed4ever
view post Posted on 9/11/2009, 16:27




ico





Allora QUESTA STORIA NON L'HO INVENTATA IO, ho solo riscritto la trama del videogioco più bello che abbia mai avuto e di cui ho messo anche la recensione. L'ho finito un sacco di volte talmente è bello! Ci ho aggiunto qualche dialogo e qualche scena e le parole esatte del gioco non me le ricordo bene...ma comunque è un tributo e spero che vi piaccia ^^
(ma non vuole ammettere che è tutto un modo per convincere le persona e prendere questo gioco nd She)
sbagliato! Questo bellissimo gioco!
(ma che fai? Non lo neghi? Nd She)

************

Capitolo 1:
Il Presagio



Marian avrebbe dovuto essere felice del figlio che la levatrice le aveva poggiato in petto, ma così non era. Lo guardò con risentimento e odio mentre stringeva i denti, cercando di non urlare. Suo marito si avvicinò al letto sporgendosi per vedere il neonato. Sbiancò all'improvviso ritraendosi.
<< Il Presagio...>> sussurrò. Avrebbe voluto ucciderlo, affogarlo e seppellirlo in una fossa senza nome, ma non poteva o la maledizione avrebbe gravato su di loro per l'eternità. Potevano solo attendere dodici anni, dodici anni di malattie a sventura sul villaggio, fino a quando i cavalieri senza volto sarebbero venuti a prendere il bambino: il bambino nato con le corna.

Ico sedeva sulla riva del fiume all'ombra di un salice. Quello era un luogo di pace dove gli abitanti del villaggio non andavano mai. Poteva starsene tranquillo senza le occhiate degli adulti, le sassate dei giovani e gli sguardi terrorizzati dei più piccoli. Tutti lo odiavano e un po' li capiva. Dalla sua nascita le malattie avevano dimezzato gli animali e fatto morire molte persone, la carestia aveva colpito il villaggio e quando cresceva qualcosa nei campi andava spesso rovinato da grandinate improvvise o marciva misteriosamente. Dodici anni di sventure...quasi dodici. Ico avrebbe compiuto gli anni il giorno seguente.
Aveva paura. I cavalieri senza volto sarebbero venuti a prenderlo per portarlo nel luogo dove andavano i maledetti come lui. Aveva paura, ma nessuno lo avrebbe consolato o rassicurato. Non era possibile consolarlo visto che andava incontro a morte certa, ma non aveva comunque nessuno che lo avrebbe abbracciato. I suo genitori evitavano di toccarlo. Lui portava Il Presagio, nessuno lo voleva. Le corna che spuntavano dalla sua testa tenevano lontano chiunque.
Si strinse nelle ginocchia. Non troppo forte, perché aveva ancora i lividi delle sassate ricevute dai ragazzi. Non potevano ucciderlo per via della maledizione, ma avrebbero tanto voluto farlo. Tutto lo odiavano e nessuno lo voleva. La morte a cui andava incontro avrebbe dovuto essere una liberazione, ma lui non la pensava così.
<< Io voglio vivere...>> sussurrò. Ed era vero. Voleva vivere nonostante tutto.
Un rumore catturò la sua attenzione. Ico alzò il viso e vide Liara, una bambina di qualche anno più piccola di lui. Si avvicinò di soppiatto accovacciandosi vicino al ragazzo. Si guardò dal toccarlo, ma almeno cercò di sorridergli, cosa che nessun altro faceva.
<< Ti picchieranno di nuovo se ti vedono insieme a me...>> gli sussurrò Ico evitando di incrociare i suoi occhi pieni di compassione. Era l'unica nel villaggio che non lo odiava profondamente. Capiva che Ico non lo aveva fatto apposta a nascere maledetto. Liara annuì consapevole di quel che stava facendo.
<< Addio maledetto >> gli disse. Avvicinò la sua mano al viso di Ico come per accarezzarlo, ma non lo sfiorò fermandosi a pochi centimetri dalla sua pelle. Poi si alzò e si allontanò senza guardarsi indietro.


Un rumore di zoccoli pesanti lo svegliò. Si strinse nella coperta di iuta mentre la paura lo attanagliava allo stomaco.
<< no...no...>> sussurrava come una litania.
Ma lo sbattere della porta della sua stanza lo fece trasalire. Terrorizzato sbirciò dalla coperta e vide due uomini nerboruti venire verso di lui.
Erano vestiti completamente di nero con grosse e pesanti spade al fianco. Dal cappuccio che avevano in testa spuntavano due corna, tagliate ai maledetti come lui, a segnare che anche loro erano maledetti ormai: i cavalieri senza volto.
Lo presero di peso dal letto di paglia e trascinarono fuori da casa nella piazza del villaggio.
Molti degli abitanti stavano uscendo dalle proprie case per guardarlo. Gli guardi seri e carichi di odio erano puntati su di lui, come sempre. Ma nei loro occhi si leggeva anche una sfumatura di sollievo: finalmente la maledizione li avrebbe lasciati. I genitori di Ico erano sulla soglia di casa. Lo guardavano fissavano mentre gli venivano legati i polsi. Il ragazzo li guardava, ma loro non muovevano un passo per salvarlo. Lo sapeva che sarebbe andata così, ma infondo al suo cuore si era annidata la vana speranza che avrebbero fermato i cavalieri senza volto.
MORIRAI
Ico iniziò a tremare. Non voleva. Lui voleva vivere. Da solo in un posto in cui non avrebbe portato sventura a nessuno se non a se stesso. Ma voleva vivere.
<< No!>> Gridò cercando di liberarsi dalla presa del muscoloso cavaliere. Ma era gracile e debole e non poté niente contro la forze dell'uomo. Fu messo sul cavallo, un animale dal pelo nero e dai finimenti a sua volta neri.
<< No!> gridò di nuovo, ma fu inutile. Più si muoveva più le corde strette ai polsi gli segavano la carne. I cavaliere salì a cavallo dietro di lui e senza una parola partirono.
Quando si voltò indietro a guardare per u ultima volta il villaggio incrociò lo sguardo dei suoi genitori.
Lo stavano rimproverando pieni di rabbia.
“Come osi voler vivere?” gli dicevano “Tu sei maledetto. Tu porti Il Presagio. Meriti solo la morte.”
Ma tra gli alberi che costeggiavano il sentiero che portava fuori dal villaggio Ico vide una bambina.
Lo sguardo triste e una mano alzata per salutarlo.
Ico abbassò gli occhi sulla criniera del cavallo.
“Non ti illudere...” si disse “Neanche Liara sentirà la tua mancanza. Nessuno ti piangerà. Ma tutti ti ricorderanno. Come colui che per dodici anni a portato la rovina sul villaggio...”

Ormai non cercava più di liberarsi. I polsi gli dolevano e la tristezza lo stava pervadendo. Lentamente la voglia di vivere lo stava abbandonando. Proseguivano a cavallo da ore nella foresta sterminata. I due uomini non si erano scambiati una parola. Erano rimasti fermi con lo sguardo fisso avanti, sul sentiero appena visibile per terra.
Il verso di un gabbiano sorprese Ico. Alzò lo sguardo per guardarsi intorno e i suoi occhi si riempirono di stupore e terrore. Gli alberi sparirono per lasciare spazio ad un pezzo di costa verdeggiante e oltre vi era un'immensa fortezza con le fondamene posate su un'alta isola dalle scogliere verticali. I due uomini scesero da cavallo e lo presero di forza portandolo fino ad una piccola barca lasciata sulla battigia della piccola spiaggia. Lo fecero salire e spinsero la barca in mare. Uno dei due uomini si mise ai remi mentre l'altro si mise a prua. Ico in mezzo, non riusciva a staccare gli occhi dalla fortezza. Man mano che si avvicinavano ne vedeva sempre meno, abbarbicata sulle alte scogliere. Ma quando un ombra gli passò sopra si voltò dalla parte opposta in cerca di spiegazioni. Intorno a loro, fatti di pietre rovinate dal mare e dal tempo, spuntavano dei pilastri come fossero le colonne ai bordi di un viale d'acqua. Vi erano entrati lateralmente e ora stavano cambiando direzione per dirigersi alla grotta che si intravedeva alla fine del colonnato.
Il terrore lo attanagliava, ma non poteva fare a meno di osservare la cupa maestosità del luogo. All'inizio della grotta una grata li fermò. Su un piccolo molo scavato nella pietra vi era un altro cavaliere ad aspettarli. Aprì loro il passaggio e li raggiunge quando lasciarono la barca in una piccola spiaggetta. Ico scese da solo, per evitare le spinte e le maniere brute dei cavalieri senza volto. Lo guidarono in una stanza attigua alla grotta fino ad arrivare in una sala circolare dalle altissime pareti. Al centro una torre anch'essa circolare e davanti alla porta un altro uomo, una strana spada in mano. Aprì le pesanti porte dalla torre e li precedette dentro. Quando entrarono la pedana su cui poggiavano i piedi cominciò a muoversi verso l'alto portandoli su fino quasi a raggiungere la cima delle scogliere. La pedana si fermò e loro uscirono in una piccola stanza senza finestre. Davanti a loro Ico riconobbe il Portale degli Idoli. Erano due teche di vetro ferme su dei piedistalli di pietra al cui interno vi erano delle statue di maledetti come lui. Le gambe strette al petto, il viso nascosto tra le ginocchia e le corna ben visibili. E l'ultimo dei cavalieri che si era unito a loro si fece avanti e sfoderò in parte la strana spada che aveva in mano. Una luce, dal rumore elettrico comparve tra la lama e le due teche del Portale. Improvvisamente il vetro e gli intagli della pietra del piedistallo si illuminarono e come spinti da magia si spostarono una a destra e una a sinistra, liberano il passaggio davanti a loro. Ico venne spinto bruscamente in avanti ed inciampò appena superata la porta. Con le mani legato si tirò su spaziando con lo sguardo sulla grande sala. Le pareti della sala erano divise in ripiani, su cui si trovano dei sarcofagi, alti e tondi erano di pietra come quasi tutta la fortezza. Uno dei cavalieri lo prese di peso e mettendoselo in spalla lo porto fino al primo ripiano della parete sulla destra. Un altro cavaliere lo aveva preceduto aprendo il coperchio superiore di uno dei sarcofagi. Lo misero dentro e gli slegarono i polsi dalle corde, ma non fu libero per molto. Quel sarcofago era fatto per starci in piedi a al centro vi era una piccola gogna di pietra in cui gli chiusero i polsi. Il cavaliere che lo aveva portato a spalle fece un cenno del capo all'altro uomo. Ico spostava lo sguardo disperato da uno all'altro. Ma sapeva che urlare non sarebbe servito a niente come pure cercare di liberarsi. O almeno non in loro presenza. Quando se ne fossero andati forse avrebbe tentato di liberarsi, ma ora poteva solo stare a guardare mente il coperchio del sarcofago veniva chiuso su di lui. Da una piccola feritoia vide i cavalieri allontanarsi. Tornarono al Portale degli Idoli e con la spada lo richiusero. All'improvviso il pavimento cominciò a muoversi. Lentamente come spinto da una forze meccanica il pavimento si stava alzando rendendo inaccessibile la strada da cui erano entrati. Alla fine si assestò con una scossa. Ma a qual punto successe qualcosa che i cavalieri non avevano previsto. Al momento della scossa il sarcofago di Ico si inclinò. Il ragazzo sentì la sgradevole sensazione di cadere mentre il sarcofago con lentezza si schiantava a terra. Il coperchio si aprì e Ico venne sbalzato fuori lontano, fino in centro alla stanza.

Il vento e la pioggia entravano da una finestra della tende lacere. Ico camminava con la mano sulla parete percorrendo una passerella che a spirale di arrampicava sulle pareti interne di una torre. A separarlo da vuoto sotto di lui solo una ringhiera in metallo divelta in molti punti.
All'improvviso il rumore di una goccia che cadeva gli fece tremare il cuore. Il rumore di un'altra goccia sembrava rimbombarle in testa, più forte del rumore della tempesta. SI girò di scatto e al centro della torre, proprio alla sua altezza vide una gabbia circolare appesa al soffitto con una lunga catena.
Una chiazza d'ombra si stava velocemente allargando sul pavimento della gabbia. Una goccia d'ombra cadde oltre le sbarre. Nel tempo che impiegò a raggiungere il pavimento molti metri di sotto il cuore di Ico sembrò fermarsi. Il ragazzo deglutì, la gola secca dalla paura. Qualcosa nella gabbia. Una figura fatta d'ombra sembrò uscire dal quel buio liquido. Si mise in ginocchio e poi lentamente si alzò in piedi. Ico spaventato si ritrasse poggiando le spalle al muro. Fissava con gli occhi spalancati quell'essere. Non aveva occhi, ma Ico era sicuro fissasse lui. Ma poi qualcosa gli prese il braccio. Il ragazzi si girò di scatto e vide, nel muro, un ombra che si allargava. Qualcosa gli prese anche l'altro braccio, cercando di tra dentro il muro, dentro l'ombra. Ico cercò disperato un appiglio, qualcosa a cui aggrapparsi, ma attorno a lui solo il muro di pietra liscia. Penetrava sempre di più nell'ombra. Il freddo lo pervase, togliendogli le energie. L'arai che respirava gli si gelava nei polmoni, ma poi non ci fu più l'aria. Non ci fu più neanche la tempesta e l'essere nella gabbia. Solo buio e oscurità.

*************

cosa ne pensate?
 
Top
lovegreed4ever
view post Posted on 17/11/2009, 22:05




key??? ci dai un occhiata..pleaseeeee!!!!
 
Top
lovegreed4ever
view post Posted on 12/12/2009, 21:05




Capitolo 2:
la ragazza prigioniera

Ico aprì lentamente gli occhi. La testa gli doleva per la brutta caduta. Un brivido di freddo lo pervase. Si tirò a sedere, passandosi una mano sulla testa. La sua mano non poté fare a meno di toccare le due corna, ma ormai lui ci aveva fatto l'abitudine.
Si guardò intorno con circospezione e dietro di se vide il suo sarcofago, rovesciato a terra con il coperchio ancora aperto. Gli sembrava ci fosse qualcosa di sbagliato. Aveva l'impressione che fosse successo qualcos'altro da quando era caduto, sbattendo la testa. Provò a pensarci, ma sembrava sfuggirgli.
Scosse la testa e si alzò. La sala era immensa. La via da cui era entrato con i cavalieri non c'era più: il pavimento si era alzato fino a ricoprire il passaggio. Ma infondo alla stanza, sotto delle lunghe scale c'era una porta. Ico vi si diresse, vi si bloccò davanti. Sulla porta non c'erano maniglie ne serrature. Provò a spingere, ma nulla si mosse. Gli diede una spallata, ma ebbe come unico risultato quello di farsi male. Con rabbie disperazioni cominciò a tiragli pugni.
<< Apriti!!!>> gridò. Lentamente smise di muoversi, accasciandosi a terra davanti alla porta. Sospirò cercando di calmarsi.
"Deve esserci un'altra uscita..." si disse "deve esserci!" si alzò in piedi, deciso a trovare una via per andarsene. Quasi a ricordarselo si ripeteva come una cantilena "Non voglio morire...Non voglio..." Prese la scala alla sua destra salendo i ripidi scalini fino a trovarsi in una balconata proprio sopra la porta. E lì, davanti a lui, una leva. Ico vi corse incontro. Non c'erano scritte riguardo a cosa servisse, ma non importava molto visto che era l'unica cose che poteva fare in quella sala. Ico vi si appese cercando di portare la leva verso il basso. Ci furono dei rumori meccanici visto che il metallo era arrugginito, ma alla fine la leva scese verso il basso. Ico sperava che il pavimento si abbassasse e gli mostrasse di nuovo la breve via per la sua libertà. Si sentì un rumore, ma niente più. Ico allora si affacciò e vide, sotto di se, la porta aperta. Sorrise animato da nuova speranza e scese le scale a due a due superando la porta.
Si ritrovò in una strana sala. In un angolo erano ammucchiati alcuni vasi. Ico si avvicinò alzando il coperchio del primo e vi trovò dentro un po d'acqua. Bevve avidamente, portandosi il vaso alla bocca e bagnandosi i vestiti. Provò ad aprire anche altri vasi, in cerca di cibo, ma trovò solo altra acqua. Solo allora si guardò davvero attorno alla ricerca di una via di uscita. L'unica sembrava un'alta finestra aperta direttamente nei blocchi di pietra che dava su un'altra sala illuminata da torce. Vi si avvicinò, ma era troppo alta per lui. Studiò gli oggetti presenti nella stanza, ma non c'erano scatole da poter usare come rialzo. Ma poco sopra lui c'era una catena, probabilmente quella che aveva sorretto un vecchio lampadario. Saltando riuscì ad aggrapparvisi. La salì per un pezzo fino a trovarsi all'altezza della finestra. Aveva paura di quello che stava per fare, ma riusciva a darsi coraggio: ormai era tutto ciò che poteva fare per sopravvivere. Cominciò a dondolarsi sulla catena, avanti e indietro fino a quando riuscì quasi a toccare il davanzale della finestra. Si spinse più forte e quando fu vicino si lanciò. Batte una panciata sulla finestra, ma riuscì alla fine a passare dall'altra parte. Davanti a lui un altro portale degli idoli e alla destra e alla sinistra delle piccole scalette che portavano a dei piani rialzati. Ma guardando quella di sinistra Ico la poté vedere diventare poi una scala vera e propria, dai grossi gradoni in pietra. Continuava su, verso l'alto percorrendo a spirale tutta l'altezza dell'alta torre in cui era entrato. Si avvicinò con circospezione al portale degli idoli, ma sapeva che non si sarebbe aperto. A quanto pare l'unico modo era possedere quella strana spada dei cavalieri. Allora si si diresse verso la scaletta, e giunto in cima si avviò lungo la scalinata. I gradini erano ampi e stancanti e ben presto Ico si ritrovò con il fiatone, ma all'improvviso terminarono lasciando il posto alla pietra levigata. Continuò per molti piani, la mano appoggiata sulla parate e a separarlo dal vuoto solo una ringhiera in metallo divelta in molti punti. Qualcosa sembrò riaffiorare nella sue memoria. Alzò lo sguardo su grosse finestre dalle tende lacere da cui filtrava una strana luce.
"La tempesta...C'era una tempesta e poi...La gabbia!" a quel pensiero si voltò verso il centro della torre. Non c'era niente. Fece un respiro profondo e alzò gli occhi con circospezione.
Sopra di lui, sospesa sopra il vuoto una gabbia circolare. Ico si fermò di colpo. Era saggio proseguire?.
"Non ho altra scelta..." si disse e continuò a salire. Man mano che avanzava riusciva a vedere dentro la gabbia. Aveva paura di trovarci il buio, come aveva visto nel suo sogno. Quando raggiunse lo stesso livello si fermò. Una ragazza vestita completamente di bianco, dalla pelle quasi dello stesso colore se ne stava ferma, seduta sul pavimento, le gambe stette al petto. Alzò gli occhi su di lui e i loro sguardi si incrociarono. Ico si mise spalle al muro, ma poi un passo dopo l'altro, si avvicinò alla ringhiera poggiandovi le mani.
<< C'è nessuno? >> chiese quasi con la paura che fosse una sua allucinazione. << Tu...Tu chi sei? >>
Non ci fu risposta. Ico deglutì a disagio sotto lo sguardo insistente della ragazza.
<< Cosa ci fai lì dentro? >> chiese, ma di nuovo non ci furono risposte.
Ico la guardò, vide nei suoi occhi la tristezza e la rassegnazione della morte.
"Se io non morirò...Non morirai neanche tu!" si disse. Si fece un passo indietro, lo sguardo serio.
<< Aspetta, ti faccio scendere da lì >>
Continuò a salire fino ad arrivare in cima, dove c'era l'ingranaggio che teneva la catena della gabbia. Ma era in centro alla sala e non ci sarebbe mai arrivato. Si diresse allora verso ciò che aveva notato salendo: una leva simile a quella che aveva sbloccato la porta. La tirò con tute le proprie forze, faticando di uovo contro la ruggine e l'usura del tempo. Ci fu una scossa e la catena cominciò a scivolare lungo il basso. La ragazza si alzò in piedi mentre scendeva. Ico sorrise e corse velocemente lungo la rampa. Mentre scendeva sentì un rumore e la gabbia si fermò, senza aver toccato il pavimento.
Ico scese la scaletta e si mise sotto la gabbia guardandola dal basso. Provò ad appendersi, per trascinarla a terra, ma fu inutile. Corse allora verso l'altra scaletta, salendo sul un piccolo balconcino. Lo percorse fino a raggiungere un punto in cui era vicino alla gabbia e...saltò. Atterrò con i piedi sulla gabbia e il gancio che teneva la collegava alla catena si ruppe. Caddero a terra urtando la parete del portale degli idoli. Ico si mise a sedere massaggiandosi la testa. Si sentì un cigolio e quando alzò gli occhi vide la porta della gabbia aprirsi. La ragazza mise un piede fuori. Uscì dalle sbarre e si guardò intorno incredula. Disse qualcosa in una lingua strana che Ico non comprese. Si voltò verso Ico e fece un passo verso di lui. Ico si tirò indietro un po' spaventato.
<< Loro...>> disse << Loro hanno cercati di sacrificarmi perché ho le corna...>> La ragazza si avvicinò ancora, chinandosi sul maledetto.
<< I bambini con le corna vengono portati qui...>> proseguì Ico, ma la sua voce si spense quando la prigioniera allungò lentamente una mano, il dito indice alzato. Lentamente lo avvicinò al suo viso, cercando curiosa do toccarlo.
Ma del fumo nero alle sue spalle distrasse un attimo Ico. Dal pavimento di pietra stava uscendo lentamente una figura fatta d'ombra. Ma non l'ombra liquida e fredda del suo sogno. Era qualcosa che ricordava del fumo che tentasse di avere sembianze umane. Non aveva occhi, ma una piccola e fredda luce in quello che avrebbe dovuto essere il volto. Ma il dito della ragazza riempì la sua visuale. Ico ritrasse la testa, mentre la sua mano diafana era a poco da toccarlo. Ma un urlo ruppe quello strano momento.
Quella creatura d'ombra aveva preso di peso la ragazza caricandosela in spalla e portandola nel buco nero da cui era uscito. La ragazza alzò supplicante una mano verso di Ico, implorandolo di aiutarla. Ico non se lo fece ripetere. Si alzò in piedi e da terra prese velocemente un bastone ancora in fiamme, unico pezzo rimasto della torcia che avevano urtato con la gabbia quando avevano sbattuto contro il muro. Si diresse vero la creature e la colpì con forza. Quella si divise a metà, cadendo per terra insieme alla ragazza. Sembrò tentare di ricomporsi, ma un altro colpo di Ico lo prese. La luce sul voltò si spense e l'essere scomparve, insieme al buco nero nel terreno. Ico si guardò intorno, tenendo il bastone in posizione di guardia, ma nessun'altra creatura comparve.
<< Cos'era quella creatura? >> chiese rivolto alla prigioniera, ma subito dopo si ricordò delle parole straniere che aveva pronunciato appena libera. Sospirò.
<< Per noi è troppo pericoloso rimanere qui. >> disse porgendo la mano alla ragazza per aiutarla ad alzarsi. << Dobbiamo andarcene. >>
Aveva fatto quel gesto con noncuranza, ma era un po nervoso mente guardava la ragazza allungare la sua mano per prendere la sua.
Si toccarono e Ico restò impressionato dalla morbidezza e dalla freddezza della sua pelle.
Ma la ragazza sorrise, gli occhi un po vaghi e persi altrove. Ico sorrise a sua volta, un po timidamente.
"Ce ne andremmo insieme da questa prigione!"
 
Top
pinky_chan
view post Posted on 21/12/2009, 17:47




bello! :mki:
 
Top
lovegreed4ever
view post Posted on 21/12/2009, 22:16




grazie...qua nn me lo commenta nessuno :cry: mentre su un altro forum ho una ragazza che mi scanna se non metto in fretta il capitolo 5....-.-

Capitolo 3:
Grasie



(non è un errore, c'è scritto proprio “grasie” U.U )


Non sopportava di stare chiuso lì dentro, ma l'unica uscita era il portale degli idoli. Aveva provato a risalire nella finestra da cui era entrato, ma era troppo in alto per lui. Si diresse verso il portale un po a disagio. Le statue del maledetto messe all'interno della taca lo inquietavano, gli ricordavano tutti i maledetti come lui che erano morti in quella prigione, di sete e di fame dentro gli angusti sarcofagi.
Poggiò la mano sul vetro freddo come sperando che succedesse qualcosa. Quella luce e il rumore elettrico che erano scaturiti tra il portale e la spada del cavaliere erano impressi nella sua mente. Dopotutto non avrebbe mai potuto dimenticare quei momenti di terrore.
La ragazza stava camminando per la stanza, lo sguardo vacuo rivolto verso l'alto. Ico si incantò a guardarla. Era leggiadra e indifesa, come quelle bellissime principesse dei racconti. Il vestito era semplice e vicino al collo aveva la stessa sfumatura di grigio dei suoi capelli. Perché i capelli della ragazza erano grigio cenere e facevano pensare a Ico che era stata intrappolata anche lei in quella fortezza per un motivo ben preciso. Non esistevano solo i ragazzi come lui tra gli emarginati del mondo.
Scosse la testa riprendendosi e tornò a posare l'attenzione sul portale.
“In qualche modo l'aprirò”
Poggiò una spalla contro la teca e iniziò a spingere, ma il piedistallo di pietra non si mosse neanche di un centimetro, rimanendo ben fisso insieme agli altri tre che componevano quel portale. Diede le spalle al vetro spingendo ancora, ma non cambiò niente. Alla fine quasi con rabbia strinse la presa sul bastone che aveva in mano, quello usato per combattere la creatura, e colpì le teche con forza. La situazione restò immutata e Ico si arrese in quel suo patetico tentativo, sentendosi ancora più stupido quando notò che la ragazza lo stava fissando. Lei si corrucciò in viso e lentamente gli si avvicinò, un passo dopo l'altro con i piedi nudi sulla pietra fredda.
Si mise davanti al portale, le mani al petto e il viso basso, gli occhi chiusi. La pietra dei piedistalli delle teche iniziò a brillare, e si illuminò anche il vetro di una luce verdeacqua. Ico si scostò subito, spaventato, e tra la ragazza e il portale comparve la luce. Poi quel suono particolare e un secondo dopo il portale si apriva lasciando la via libera. La ragazza prese profondo respiro, come se l'aprire il passaggio gli avesse preso energie. Ico la guardo a metà tra l'affascinato e lo spaventato.
<< Come ci sei riuscita? >> chiese, ma ricevette in risposta solo uno sguardo e un sorriso.
“Non importa...” pensò “Quel che conta e che ora abbiamo un modo per andarcene da qua. Se lei riesce ad aprire i portali, scappare diventa una cosa possibile.”
Sorrise a sua volta e porse la mano alla ragazza. Insieme superarono il portale entrando in una piccola stanza, davanti a loro una porta da cui entrava l'odore del mare e lo stridio dei gabbiani. Ico corse avanti mentre la ragazza lo seguiva, mano nella mano. Quando uscirono una ventata d'aria gelida li colpì. Erano in una zona d'ombra, dove i raggi del sole del pomeriggio non arrivavano. Il primo pezzo di un ponte che proseguiva diritto davanti a loro, sospeso molti metri sopra il mare. All'inizio del ponte vi erano due statue. O meglio, solo una perché dall'altra non rimaneva che un pezzo delle gambe. Era un uomo, anche lui dalle corna, con una spada in mano. L a superarono camminando cauti sul ponte. Continue sferzate di vento gelido li colpivano, facendo tremare la ragazza nel suo leggero vestito.
All'improvviso una scossa li fece fermare. Una crepa iniziò a formarsi sotto i piedi della fanciulla e in un secondo il ponte sotto di lei si ruppe, i blocchi di pietra che precipitavano nel vuoto e la ragazza a seguirli. Ma le loro mani erano ancora unite. Ico venne trascinato verso il basso. Cadde a pancia a terra, la pietra tagliente del ponte che li graffiava il braccio, la mano di lei stretta nella sua. Lasciò andare momentaneamente il bastone e fece presa con la mano libera. Si fece forza, tirando la ragazza verso di se. In un attimo furono di nuovo tutti e due con i piedi sul ponte, il fiato mozzo per lo spavento.
Ico si avvicinò gattoni alla voragine appena formatasi. Sbirciò giù ben attento a non sporgersi troppo. Un volo a cui nessuno sarebbe sopravvissuto.
Si tirò indietro, alzandosi e porgendo la mano alla ragazza. Lei aveva una mano stretta al petto e prese un respiro profondo prima di alzarsi. Ico le strinse la mano. Difficilmente glie l'avrebbe più lasciata. Raccolse il suo bastone da terra, impugnandolo con forza: la loro unica difesa contro quelle creature d'ombra che sicuramente si sarebbero ripresentate.
Raggiunsero l'altra estremità del ponte e davanti a loro un altro portale degli idoli. Senza dire una parole la fanciulla lasciò la mano di Ico mettendosi davanti ai piedistalli di pietra. La pietra si illuminò e il portale si aprì. All'improvviso dal pavimento sotto i piedistalli venne su un grosso pulsante quadrato e dopo qualche secondo una porta senza maniglie simile a quella che Ico aveva già visto nella sala dei sarcofagi si abbassò, chiudendo la strada davanti a lui. Con indecisione Ico mise un piede sul pulsante abbassandolo e subito la porta si aprì davanti a loro.
“Un meccanismo!” pensò “Questo luogo sembra esserne pieno...”
Entrarono circospetti. Era piccola rispetto agli enormi ambienti di cui era composto il castello. Luminosa e dal soffitto alto era composta da una breve scala e uno spiazzo. Appena la ragazza mise piede dentro, subito dietro Ico, comparve del fumo nel pavimento sostituito subito da una macchia di buio da cui si alzò una creatura d'ombra. Degli esserini, molto simili ad enormi ragni d'ombra si sparsero per la stanza. Ico si mise in posizione di guardia, impugnando il bastone a due mani. Si avventò subito sulla creatura cercando di colpirla, ma il suo bastone sferzò il vuoto. Abbassò gli occhi su pavimento e vide una piccola sfera scura, la fredda luce che rappresentava l'occhio dell'essere voltata verso di lui. Si alzò all'improvviso colpendolo e facendogli fare un volo di alcuni metri. Uno dei ragni ammortizzò la caduta e scomparve in una nuvoletta di fumo. Ico ci mise un attimo prima di rialzarsi. Si fece forza sul bastone e rincorse la creature che salendo le scale si stava avvicinando alla ragazza.
La stava per sfiorare, quando un colpo lo prese alle spalle. Cadde disteso sulle scale e venne colpito ancora, il rumore del legno sulla pietra che rimbombava per l'alta stanza. Si raggomitolò in una piccola palla nera, come prima, ma quando si alzò Ico non si fece cogliere impreparato. Scartò il colpo di lato e con il bastone mirò a quello che avrebbe dovuto essere il collo. La luce scomparve mentre la sua testa si staccava e in un secondo l'essere divenne solo fumo. L'urlo della ragazza fece girare di scatto Ico. Con un colpo della mano la fanciulla si scosse un ragno dal vestito, indietreggiando di un passo. Un altro gli si stava avvicinando alle spalle, camminando sul muro. Ico non gli lasciò il tempo di andare oltre e con un colpo lo fece svanire. Si mise all'inseguimento degli altri, ma agili e veloci riuscivano a scappargli. Si fermò di colpo, poco distante dalla ragazza, vergognandosi un po dell'idea che gli era venuta. Usò la ragazza come esca per far avvicinare i ragni che altrimenti scappavano lontano da lui, in alto sulle pareti dove lui non arrivava. Li colpì tutti, anche l'ultimo più veloce e furbo e alla fine il portale d'ombra da cui le creature erano uscite si richiuse, divenendo fumo. Ico fece un profondo respiro.
“ Non potrò sempre colpirli alle spalle...” si disse allentando la presa sul basrone. Subito la ragazza si avvicinò e Ico lui la vide quasi abbracciarlo. Ma non fu così, si fermò a pochi centimetri da lui, il suo sguardo limpido fisso negli occhi del ragazzo. Sorrise con riconoscenza e gli prese la mano, felice. Ico rimase fermo qualche secondo prima di rompere quell'atmosfera. Si incamminarono inseme attraversando la stanza fino ad un altro pulsante sul pavimento. Aprirono la porta e uscirono fori all'aria aperta. Davanti a loro un ponte e oltre uno spiazzo verdeggiante, il primo che vedeva all'interno della fortezza. Ma il ponte era diviso a metà, le due parti che servivano a completarlo abbassate. L'unico modo per ricomporlo una leva dall'altra parte, sull'erba. Ico valutò le distanze: avrebbe potuto saltare dall'altra parte e tirare la leva per far passare la ragazza. Le stava lasciando la mano, pronto a saltare, nonostante l'altra metà del ponte fosse forse un po' oltre il suo limite. Ma la ragazza invece di lasciarlo andare, strinse più forte. Ico si voltò verso di lei e la vide scuotere il capo. Lei lo guidò dentro la sala fino davanti ad una cassa, posizionata vicino alle scale. La indicò lasciando solo allora la mano di Ico. Il ragazzo scese il piccolo gradino che lo separava dalla cassa e iniziò a studiarla, ma non c'era niente di strano. Se voleva fargliela usare per saltare più lontano lui non sarebbe mai riuscito a sollevarla oltre il gradino. La guardò senza capire bene le sue intenzioni. Sospirò e provò comunque a spostare la cassa. Appena la mosse, da sotto di essa venne fuori un pulsante e quasi simultaneamente un scala comparve nella parete destra della stanza. Ico la guardò stupefatto. La scala era comparsa da pavimento, alzando le mattonelle fino a formarsi. La ragazza sorrise e questa volta fu lei a porgergli la mano per aiutarlo.

Uscirono all'aria aperta reduci da uno scontro lungo e difficile. Ico si accasciò lungo le scale che davano direttamente sul mare, come sempre centinaia di metri sotto di loro. La ragazza si chinò su di lui, guardandolo mentre si teneva il braccio, lo sguardo preoccupato. Sembrava soffrire con lui. Quando Ico mandò un altro gemito sembrò decidersi. Si guardò intorno e si diresse verso una grata vicino a loro dove si intravedevano vasi e casse rotte. Prese da terra un pezzo di legno e tornata vicino a Ico si strappo un pezzo del suo candido vestito e lo avvolse con delicatezza e decisione intorno al braccio del ragazzo, insieme al legno. Finì il tutto con un bel fiocco, guardando Ico con un mezzo sorriso: sguardi e sorrisi sembravano l'unico modo in cui riuscissero a comunicare. Probabilmente non si era rotto l'osso, ma aveva preso un brutto colpo e quel bendaggio lo avrebbe aiutato.
<< Grazie >> sussurrò il maledetto muovendo lentamente le dita.
La ragazza inclinò la testa di lato guardandolo curiosa.
<< Gra...Grasie? >>
Ico rise per la sua strana pronuncia.
<< “Grazie” >> scandì divertito.
La ragazza annuì. Si portò una mano al petto e poi la posò su quello di Ico.
<< Grasie >> disse non molto sicura. Il ragazzo arrossì abbassando lo sguardo. Ringraziarlo...non doveva...non era necessario, ma come farglielo capire? Non sapeva come comportarsi, ma quel momento non durò a lungo. Qualcosa oscurò il sole per un secondo e l'attimo dopo un grido risuonò nell'aria. Un' essere d'ombra alato, più grande di quelli visti fin'ora era calato su di loro e stava prendendo la ragazza. Ico raccolse il suo bastone da terra, ma non fu abbastanza veloce. Il nemico volò in alto prima che potesse colpirlo, la fanciulla in spalla che cercava di liberarsi dalla presa.
<< Lasciala andare! >> gridò il maledetto. Avrebbe voluto chiamare lei per nome, dirgli di non preoccuparsi, ma non conosceva il suo nome.
Prese il bastone a due mani stringendolo con rabbia, incurante dal dolore al braccio sinistro.
“No, non la porterai via...non ti lascerò portarla con te in quel buco nero!” corse su per le scale rampa dopo rampa, inseguendo la creatura che stava già scomparendo nell'ampio balcone che si trovava sopra di lui.
Quando lo raggiunse si guardò intorno in cerca della ragazza, ma non vide nessuno. Mosse qualche passo indeciso, il bastone abbassato mentre il suo cuore accelerava.
“Dove sei...?” si chiese. “...Dove...Dove!”
Poi sentì la flebile voce della ragazza gridare qualcosa, alla sua destra. Si rianimò, riprendendo la presa sul bastone. Corse in quella direzione e, infondo ad una breve rampa, una mano bianco alzata verso l'alto, in cerca del suo aiuto. Tutto ciò che si intravedeva da un buco d'ombra.
<< No! >>
 
Top
pinky_chan
view post Posted on 22/12/2009, 15:40




ok... ti scanno se non metti il capitolo4!!!!
 
Top
lovegreed4ever
view post Posted on 22/12/2009, 23:43




O.o
oddio un altra noooooooooooooooo!


Capitolo 4:
Il cancello





<<no! >> gridò Ico. Saltò a piè pari gli scalini, rischiando di cadere giù dalla piccola sporgenza in cui il buco si apriva. Perse momentaneamente l'equilibrio, ma arrancando avanti si riprese. E della mano non rimanevano che le dita.
<< No!>> gridò di nuovo.
Si chinò sul buco, infilando la mano nel buio liquido e afferrando quello che doveva essere il braccio della ragazza. Un brivido lo pervase, insieme alla paura che lo prese allo stomaco come nel suo incubo. Ma non mollò la presa.
La lotta era tra lui e la creatura del buio che la stava trascinando dall'altra parte. Lentamente il braccio della fanciulla uscì dal portale e poco dopo sbucò anche l'altro. Si aggrappò alla pietra e insieme a Ico fece forza per uscire da quell'inferno. All'improvviso la resa che stringeva la ragazza mollò e insieme vennero catapultati sulle scale. Passarono un paio di secondi prima che Ico riuscisse a rialzarsi, il dolore al braccio ferito che lo scuoteva. Davanti a lui la creatura era riuscita dal buco e il suo sguardo sembrava puntato su di lui. La ragazza si alzò in piedi a sua volta poggiando una mano sulla schiena di Ico. Ico strinse forte la mano, pronto ad attaccare...ma nella sua mano non c'era niente. Il bastone, l'unica sua difesa, non c'era. Si guardò intorno e lo vide, dietro di loro sull'ampio spiazzo sopra la piccola scalinata. Entrambe le parti erano immobili, aspettando la mossa dell'avversario. Lentamente l mano del maledetto scese, fino a stringere quella della ragazza. Gliela strinse, pronto a fare la sua mossa.
Appena la creatura alata fece un passo Ico si girò salendo le scale di corsa, la ragazza che lo seguiva mano nella mano. Corsero velocemente verso il bastone, ma Ico sentiva il battere delle ali della creatura d'ombra proprio dietro di lui. Ancora un altro passo. Si chinò a prendere il bastone e senza neanche guardare menò un fendente dietro di loro. Sentì il bastone colpire la creatura, ma non era finita l'essere si alzò in volo, girando in ampi cerci sopra di loro come un avvoltoio. Ico lo guardava nervoso, mente la creatura non accennava a scendere.
<< Vieni giù, dannato coso! >> gli gridò, ma questo non cambiò le cose. La creatura poggiava piede a terra per poco, giusto il tempo per dare a Ico la possibilità di colpire il vuoto, dove poco prima si trovava
La mano della ragazza si posò sulla sua spalla. Ci fu un bisbiglio, in una strana lingua e poi la fanciulla lo superò facendo alcuni passi verso il centro dello spiazzo. Si voltò verso Ico, guardandolo negli occhi. E Ico capì, era l'unico modo.
Come non potesse trattenersi da prendere quell'indifesa preda la creatura scese dal cielo avvicinandosi alla ragazza. Era a pochi metri, ma Ico non mosse un muscolo. Stava tendendo le ali verso la fanciulla. Lei non guardava, teneva il suo sguardo in quello di Ico, sicura. La stava per sfiorare, quell'ombra nera quasi a contatto con la sua pelle bianca.
Ico scattò. Un suo bastone colpì la creatura al petto e subito dopo la colpì di nuovo, cercando di non farlo più salire in cielo. L'essere cadde a terra, anche lui sembrava subire i colpi ricevuti nonostante non fosse altro che fumo. Ico non poteva permettersi di avere pietà, lo colpì nonostante fosse a terra, con il suo bastone che stava cominciando a risentire di tutti quei combattimenti.
Un colpo e un altro ancora, ma l'essere non spariva, non si dissolveva in fumo. Ma poi i brandelli d'ombra che lo componevano iniziarono a sfumare. Ico si fermò, facendo un respiro profondo: era finita.
Si voltò verso la ragazza sorridendo, ma la vide portarsi una mano alla bocca, mentre tendeva l'altra verso di lui come per avvertirlo.
Un colpo, che probabilmente aveva perso molto della forza originale, lo spedì lontano, facendogli attraversare tutto lo spiazzo e lasciandolo intontito a poco dallo strapiombo sul mare sotto di loro. Il bastone stava compiendo la sua parabola sopra Ico finendola poi molti metro più sotto, nell'acqua salata.
Il maledetto cercò di alzarsi poggiandosi sul braccio destro. Quello sinistro gli doleva troppo anche solo per muoverlo. La bianca fanciulla stava scappando, la creatura ad inseguirla a passi lenti, sull'orlo del disfacimento. Ico non aveva più armi, la loro unica difesa era caduta in mare.
Indifesi...o non proprio.
Ico si alzò faticosamente, la testa china fissava l'essere. Un passo dopo l'altro gli si avvicinò, aumentando la velocità. Le sua corna, che da bianche sfumavano al nero, erano appuntite e micidiali quanto quelle di un toro. Nel momento in cui colpì la creatura quella si dissolse.


Davanti a loro il ponte, quello che portava a una delle prime sale in cui erano entrati, quello che la ragazza non gli aveva permesso di saltare. Ico sapeva che non era di nessuna utilità, ma tirò comunque la leva che faceva ricomporre il ponte, senza pensare che, l'altro ponte, quello di pietra, era crollato e non vi era più nessun modo per tornare indietro.
La ragazza era a su fianco, lo sguardo perso come spesso accadeva.
Un debole raggio di sole la stava illuminando, tingendo di rosso il suo vestito candido. Ormai era il tramonto, avevano poco tempo per trovare un posto sicuro in cui passare la notte. Ma c'era veramente un posto sicuro all'interno di quella fortezza?
Ico la prese per mano, un gesto quasi automatico ormai. E pensare che quella mattina era stato un po nervoso al pensiero di stringergli la mano.
Erano su un piccolo spiazzo verdeggiante, l'unica nota di colore che avevano visto fin'ora, in quella desolata prigione. Alla sinistra una scalinata stretta e senza mancorrente che portava al piano di sotto e davanti a loro un ancora più stretto passaggio che portava dentro una costruzione. Lo passarono, aspettandosi di tutto ormai, e si ritrovarono in una grossa sala, l'architettura sembrava più nuova rispetto al resto della fortezza. C'erano due passerelle ai lati della stanza e una che l'attraversava centralmente sospesa come un ponte. Sotto avrebbe dovuto esserci la stanza vera e propria, ma a metà veniva divisa da uno strapiombo buio che finiva chissà dove. E dalla parte che non potevano raggiungere dalle scale esterne, il portale degli idoli. Ma Ico non vi diede molto peso. Davanti a loro c'era un ampio arco che portava fuori dove la luce del sole sembrava accecante rispetto alla scarsa illuminazione del lampadario sul soffitto.
Uscirono fuori attraversando la stanza sul ponte centrale ritrovandosi su una balconata. Davanti a loro due ponti che portavano nella stessa direzione, entrambi divisi a metà, le due parti che le componevano alzate verso l'alto. Ico si guardò intorno, in cerca di una leva, ma non vide niente. Il balcone era vuoto, solo pietra e niente che servisse ad abbassare i ponti. Si affacciò verso il piano di sotto, spaziando con lo sguardo su un ampio cortile di pietra. Proprio sotto di lui, cioè dopo aver superato il portale degli idoli al piano di sotto, un scala che portava a due passerelle di pietra. Seguendole, sia una che l'altra si sarebbe arrivati ai due lati di un altro portale degli idoli situato un piano di sotto rispetto alle passerelle, dove poca terra verdeggiante fungeva da tomba ad altrettanto poche lapidi senza nome.
<< Dobbiamo scendere..>> sospirò Ico. Ma come? Era impossibile superare l'enorme strapiombo che divideva la due metà della stanza sottostante. Il piano in cui si trovava lui, invece era situato troppo in alto, si sarebbe sicuramente rotto qualcosa se se fosse saltato e già così la sua situazione non era delle migliori.
Tornarono indietro fino allo spiazzo verdeggiante e presero le stette scale che portavano al piano di sotto. Ma con sorpresa, poco prima della porta che portava dentro la sala, trovarono delle bombe. Sfere nere e grosse con una lunga miccia ad una estremità. Ico le studiò, le aveva viste solo una volta in vita sua e non era molto sicuro di come funzionassero. Quandosi alzò in piedi, quasi nascosto dietro quelle bombe, un bastone. Ma un bastone come si deve, non quella stupida torcia caduta per caso. Lo raccolse, sentendolo più pesante e più resistente del precedente.
“La torcia...”
All'improvviso fu preso da un'idea. Corse dentro la sala seguito dalla ragazza e si ritrovò alla base del ponte che attraversava la stanza la piano di sotto. Aveva solo più un pilastro a reggerlo, quello dalla parte da cui si trovavano. Se avesse fatto saltare in aria quel sostegno forse il ponte sarebbe caduto, permettendogli di passare dall'altra parte.
Per far esplodere la bomba, ne era sicuro, avrebbe dovuto accendere la miccia con del fuoco.
Il suo sguardo andò subito verso l'alto, al lampadario acceso contro ogni buona logica.

Si fece strada arrampicandosi sui davanzali delle piccole, impolverate e speso sbarrate finestrelle della sala, riuscendo infine ad arrivare in cima, ai grandi architravi che percorrevano il soffitto. In centro il fuoco ardeva nelle piccole ma tenaci candele del lampadario. Ico si mosse sicuro su un architrave: era così grande da farci passare un carro.
Arrivò vicino al lampadario e si chinò, la pancia sul legno e il proprio bastone allungato verso il basso nel tentativo di accenderlo nel fuoco delle candele. Ma era troppo distante.
Il suo stomaco si rivoltò all'idea di ciò che stava per fare, ma non vi era molta latra scelta. Si mise seduto sull'architrave e poi con una salto scese giù, sul lampadario. Uno strano suono metallico riecheggiò per la sala vuota. La breve catena che reggeva il lampadario, già su punto di rompersi, subì il colpo di grazia.
Uno dei grossi anelli si ruppe. Ico sentì il vuoto nel suo stomaco mentre cadeva. Un grido, quello della ragazza gli riempì le orecchie. Quando il candeliere colpì il ponte sotto di loro Ico venne sbalzato fuori atterrando, per fortuna, sopra la stratta passerella. Il lampadario cadde giù, rompendosi. Un pezzo finì nell'abisso e passarono diversi secondi prima che lo si sentisse toccare il fondo. Ma il pezzo più importante, quello con le candele, era rimasto al piano di sotto, sul pavimento di pietra della zona che potevano raggiungere.
Ico non fece in tempo ad esultare, che una mano diafana gli si posò sulla spalla. Si voltò verso la ragazza e ne vide il volto preoccupato. Lei scosse la testa
” non farlo più!” diceva il suo sguardo.
Ico posò la propria mano su quella di lei.
<< Tranquilla >> le disse con il sorriso, ma lo sapeva che non aveva molto senso. Non era la prima volta che rischiava la vita lì dentro e non sarebbe neanche stata l'ultima.
Si alzarono e insieme scesero le scale esterne. Ico prese una delle grosse bombe e entrando la depose vicino al sostegno del ponte. Fece segno alla fanciulla di allontanarsi e lei, la preoccupazione che non l'aveva ancora lasciata, indietreggiò. Ico prese una delle candele dal lampadario e si avvicinò alla bomba. Aveva un po paura. E se fosse esplosa subito? Vicino alla porta erano davvero al sicuro?
Prese un respiro profondo e con mano tremante accese la miccia. Buttò subito via la candela e correndo vero la porta prese la ragazza per mano. Insieme uscirono mentre la bomba esplodeva alle loro spalle. Sentirono un schianto, l'unico pilastro del ponte che crollava rumorosamente. Quando tutti i rumori finirono i due ragazzi osarono mettere piede dentro la stanza. Il ponte era crollato, ma non come Ico aveva creduto. La parte del ponte sopra di oro si trovava appunto ancora sopra di loro e dal piano di sopra formava una rampa in discesa che finiva proprio davanti al portale degli idoli. La fanciulla sospirò sollevata insieme ripercorsero le scale esterne scendendo con entusiasmo fino al portale degli idoli. La fanciulla lo aprì e lo superarono ritrovandosi sulle passerelle di pietra. Percorsero quella sulla destra e scendendo una breve scala si ritrovarono davanti ad un altro portale degli Idoli. Ico si guardò intorno circospetto: era da molto che non venivano attaccati. Da quando il suo bastone era volato del vuoto, ma sicuramente non lo facevano per permettergli di recuperare un altra arma. Effettivamente dopo la perdita del suo bastone si erano subito ritrovati nello spiazzo d'erba e ora, proprio sotto di loro, vi era poca ma verdeggiante erba.
Non poteva essere solo una coincidenza.
La ragazza lasciò la sua mano facendosi avanti per aprire il portale degli idoli. Ma appena la luce finì, Ico la vide correre in avanti. La seguì, il bastone sempre stretto con forza in mano. Si ritrovarono in un enorme cortile, il suolo quasi interamente ricoperto d'erba. Quattro torce per parte ai bordi del piccolo marciapiede di pietra che proseguiva davanti a loro. E alla sua fine, grosso e maestoso, il cancello.
Un enorme cancello, dalle ante alte quanto l'intera sala del candelabro, da pavimento del piano di sotto al soffitto. Ico non credeva ai suoi occhi.
<< Guarda...il cancello è aperto! >> riuscì solo a biascicare. Ed era vero. Le enormi ante erano spalancate, oltre vi era un lungo ponte di pietra che portava ad una scogliera, sulla terra ferma, sulla terra degli uomini, lontano da quell'isola di spettri e maledizioni.
Il sorriso gli tornò insieme alla voce.
<< Ora possiamo andarcene da qui! >> gridò.
Ma nell'esatto momento in cui pronunciò quelle parole le due ante del cancello cominciarono a chiudersi senza che nessuno le spingesse, veloci nonostante la loro mole.
Ico strinse i denti con determinazione. La libertà era vicina! Non se la sarebbe fatta scappare.
<< Andiamo! >> disse e prese la ragazza per un polso tirandola dietro di se. Insieme corsero veloce in quella gara contro il tempo. Il cancello era quasi chiuso, ma loro era vicini.
Mancava così poco...così poco...!
Ma all'improvviso qualcosa tiro Ico all'indietro, facendolo fermare di botto. La ragazza si era inciampata, facendolo fermare. Le loro mani si era disgiunte. Ico sentiva inesorabile il passare del tempo, la loro libertà che gli scappava tra le dita come fosse sabbia. Fece un passo verso di lei, per prenderla per mano ed aiutarla ad alzarsi, forse potevano ancora farcela.
Ma in quel momento capì che la ragazza non era inciampata. Era stata fermata.
Un ombra comparve alle sua spalle. A differenza dei soliti buchi neri su pavimento questo si formò a mezz'aria e ne uscì una figura strana.
Era grossa, più grossa di un umano, ma i lineamenti sembravano gli stessi. Era una donna, la pelle diafana e l'intero corpo ricoperto da un mantello di oscurità sfilacciato, i capelli neri della stessa consistenza.
Aveva lo sguardo rivolto verso la fanciulla, severo e impassibile. Parlò con voce dura nella stessa lingua che aveva sentito pronunciare alla giovane. Non ne afferrava le parole, ma erano austere e crudeli.
La ragazza abbassò lo sguardo a terra, mortificata con un lieve spavento nel volto.
Poi la strana donna sembrò notarlo. Alzò lo sguardo verso di lui, fissandolo negli occhi con durezza e sdegno.
<< E così...>> iniziò. La stessa voce fredda, ma questa volta nella lingua degli uomini. << ...Tu saresti quello che porta in giro senza una meta la mia cara Yorda >> continuò. << Sai chi è questa ragazza?>> lasciò uno spazio come se pretendesse una risposta, ma quando Ico stava per aprire bocca lei rispose al posto suo.
<< Questa è la mia cara e adorata figlia! >> gli urlò contro. Ico abbassò gli occhi, indietreggiando di un passo sotto l'impeto delle parole della donna.
<< Smettila di perdere tempo con lei. Yorda è nata in un mondo diverso da quello dei ragazzi con le corna.>>
E dopo il timore venne la vergogna, la vergogna per se stesso che quasi mai lo aveva abbandonato ritornò a farsi sentire con più forza.
<< Ora che sai come stanno le cose puoi anche andartene >> Neanche il tempo di finire quella frase che la donna stava già scomparendo, inghiottita dal buio. Il cuore di Ico iniziò a rallentare. Sembrò riprendere fiato come dopo una lunga apnea. Fece un passo verso la ragazza, ancora u po scosso.
<< Stai bene? >> gli chiese porgendogli la mano.
La fanciulla la afferrò, alzandosi in piedi. Disse qualcosa sotto voce nella sua lingua, lo sguardo mortificato fisso a terra.
La voce della donna ritornò, riempendo l'aria. Parlò a lungo nella lingua che Ico non conosceva e ad ogni parola lo sguardo della ragazza si riempiva di altro dolore e tristezza. Finì il tutto con una risata crudele che tolse il fiato ad entrambi.
Ma Ico si riprese. Posò le mani sulle spalle della ragazza voltandola vero di lui. Le sorrise cercando di trasmettergli la propria sicurezza.
<< Ce ne andremo >> le disse << troveremo un altro modo. Non importa quanto ci vorrà, ma ce ne andremo. Ce ne andremo insieme >>
e mentre lei tentava un sorriso, lui si rigirò sulla lingua quel nome così bello e dolce.
“Yorda...”
Raffinato, grazioso e fragile.
Yorda.
Il nome perfetto per quella candida fanciulla.
 
Top
6 replies since 9/11/2009, 16:27   120 views
  Share