Questa storia sarà strana. Ho già in mente, tutto, finale compreso. Sarà piuttosto dark, o forse piuttosto horror... non so dire. Cmq Letizia a sette anni...credo...
Piccola intro:
Ad Ametrsit durante la guerra di sterminio d'ishibar una bambina si ritrova improvvisamente senza genitori, uccisi davanti ai suoi occhi insieme al fratellino di neanche un anno. Sua madre gli ha sempre detto che quando si muore e come dormire per sempre e così decide che anche lei andrà a dormire per sempre...Ma portandosi dietro le persone cattive che hanno ucciso tanta gente e sopratutto chi sta dietro tutto questo: il comandante supremo King Bradley!
Muahahahaha!!! come sono sanguinaria! Mi sento realizzata! L'importante e che di questa storia non sappia niente mia madre altrimenti mi manda dallo psicologo....
<< Dottore mi aiuti, mia figlia sta impazzendo! Sta diventando una sclerata sanguinaria!>>
<< Ma no mamma...non sono io...e Shevaara! La mia seconda personalità! >>
<< Visto? Sta impazzendo! >>
capitolo 1:
Letizia piangeva stringendosi forte le gambe al petto. Si dondolava avanti e indietro biascicando tra i singhiozzi la ninna nanna che sua madre le cantava sempre la sera.
La notte stava scendendo fredda e silenziosa. Con quel silenzio assoluto dovuto alla morte.
Non c'era più nessuno vivo in quel villaggio. I soldati di Ametrist avevano ucciso tutti gli abitanti dalla pelle scura e gli occhi rossi. Non avevano risparmiato nessuno, neanche il fratellino di Letizia. Il piccolo bambino giaceva inerme tra le braccia della madre di fianco a lei.
Letizia aveva gli occhi premuti sulle ginocchia per non vederli. Ma li sentiva li vicino a lei. Sua madre e il suo fratellino a destra, suo padre a sinistra. Lei era in mezzo, seduta per terra in quella pozza di sangue. Non sapeva da quanto era li, ferma a piangere e a cantilenare quella stupida canzone. Quando era sua madre a cantargliela tutti i mostri che sembravano abitare la sua stanza di notte sparivano e lei si addormentava serenamente tra le braccia della madre.
Ora ogni sillaba di quella canzone sembrava strappargli un pezzo di cuore. Sembrava mangiarglielo lentamente insieme al puzzo del sangue e delle carni, inesorabile mentre il ronzare delle mosche riempiva la stanza.
Solo quando i primi raggi del mattino la illuminarono si accorse di essere rimasta seduta per terra tutta la notte. Pian piano smise di cantare per alzare il viso dalle ginocchia e rivolgerlo verso il nuovo giorno.
Cercò di tirarsi in piedi aiutandosi con il mobile alle sue spalle. Le gambe gli cedettero e Letizia cadde in ginocchio sul sangue ormai rappreso. Anche il sangue sul suo vestito era rappreso e lo aveva indurito a tal punto che quando tentò nuovamente di alzarsi in piedi il vestito continuò a tenere la piega presa durante la notte.
Con occhi socchiusi e stanchi, contornati da scure occhiaie la bambina guardò prima sua madre e il fratellino e poi suo padre. Il volto pallido e le labbra viola avevano lo sguardo vitreo fisso nel vuoto.
Letizia fece una leggera carezza ad ognuno chiudendo gli occhi ai genitori. Facendo appello alle poche forze che aveva avvicinò i genitori in modo che si abbracciassero tra di loro come Letizia li aveva visti nel loro letto: con gli occhi chiusi sembravano stessero dormendo.
<< Vorrei dormire anch'io come voi...>> sussurrò la piccola accovacciandosi vicino al viso dei familiari.
<< Ma non posso ancora...Io...voglio che a dormire con me ci siano anche le persone cattive che vi hanno fatto del male >> Il sole cominciava ad alzarsi all'orizzonte. Letizia ne rimase infastidita. Con tristezza diede un'altra carezza al fratellino e si diresse verso la porta che portava alla cucina.
Si fermò sull'uscio guardandosi indietro.
<< Se quelle persone cattive dormiranno per sempre non faranno più male a nessuno...Ma vi prometto che quando non ci sarà più nessuno di cattivo tornerò qua e mi metterò a dormire con voi!>>
Si allontanò senza più voltarsi. In cucina si avvicinò al cesto della frutta da cui prese una distrattamente una mela. E proprio li vicino lo vide: un coltellaccio da cucina, quello che usava spesso sua madre per tagliare gli animali a pezzettini per poterli cuocere. Lo prese in mano portandoselo davanti al viso. Sembrava possedere quel magico odore tipico della sua mamma.
Era lungo quanto il suo braccio e anche molto pesante, ma quell'accento di mamma gli faceva venire voglia di portarselo con se.
Alla fine decise di tenerlo, tenendolo con il braccio disteso a toccare terra con la punta se lo portò dietro producendo un suono sgradevole sul pavimento.
<< Gli uomini cattivi non si addormenteranno solo con la ninna nanna...>> si disse con voce piatta.
Dalla cucina scese le scale dalla cantina nell'ombra del sottoterra socchiudendosi la porta alle spalle in modo che passasse solo uno spiffero d'aria.
La luce del sole...Decise che non l'avrebbe rivista mai più. Era troppo allegra mentre lei si sentiva molto triste. E poi, anche se era un sonno eterno era pure sempre un sonno e si va a dormire solo di notte...
Quando fu calata di nuovo la notte Letizia uscì dalla cantina. Durante la notte aveva dormito poco passando le altre ore ad affilare la lama del coltellaccio, dando di tanto in tanto un morso alla mela che si era portata. Gli era venuto in mente che anche suo padre aveva usato il coltello ogni tanto. In mano così aveva sia un ricordo di sua madre che di suo padre. Gli mancava qualcosa che gli ricordasse suo fratello.
<< Non perché ho paura di dimenticarmi di voi...>> disse mentre saliva le scale dalla cantina.
<< E' perché voglio avervi sempre con me.>> si diresse nella stanza del fratellino evitando di passare davanti ai corpi stesi a terra. Era sicura che altrimenti si sarebbe fermata li a guardarli dormire sereni ed abbracciati per tutta la notte. Cercò per terra tra i mobili rovesciati qualcosa che faceva la caso suo tendo sempre in mano il coltellaccio. Alla fine tirò fuori da sotto altra roba quel piccolo libro di fiabe che si divertiva e leggere ad alta voce al fratellino, insieme ai genitori che la aiutavano nelle parole più difficili.
Lo stava per infilare nella grossa tasca che aveva sul davanti del vestito quandosi accorse in che condizioni era l'abito. Ancora incrostato di sangue era rigido ed emanava un cattivo odore. Si spostò allora nella sua cameretta dove prese da terra un altro vestito con una grossa tasca davanti dove finalmente poté infilare il libro. La veste era di un blu scuro, ornato con un disegno fatto da piccoli e graziosi lustrini sul petto.
Si guardò intorno temendo di dimenticarsi qualcosa. Ma alla fine scosse la testa con uno strano sorriso in volto.
<< non mi serve nient'altro. Con il libro del mio fratellino passerò le giornate e di notte metterò a nanna le persone cattive con l'aiuto di mamma e papà. Non mi lasceranno mai sola, anche se stanno già dormendo...>> disse stringendo più forte l'impugnatura dell'arma.
<< Andiamo, ora. Voglio fare in fretta. >>
Una ninna nanna giunse lentamente all'orecchio del soldato di guardia alla piccola tenda. Si sentiva flebile sopra il russare degli altri due uomini.
Ma la ninna nanna invece di essere rilassante era cantata con voce piatta e monotona tanto da dare sui nervi. Il soldato strinse il fucile guardandosi intorno con circospezione nel buio della notte. Un luccichio attirò la sua attenzione e vi puntò contro il fucile con nervosismo.
Dall'ombra venne fuori una bambina dal vestitino scuro con grosse occhiaie a segnargli lo sguardo spento.
Avanzando con una mano dietro la schiena smise lentamente di cantare alzando lo sguardo sull'uomo.
<< Scusi signore >> chiese educatamente con voce monotona. << Lei è un soldato? E dove sono gli altri? Io sto cercando i soldati>>
L'uomo abbassò di poco il fucile tranquillizzandosi nel notare che la bambina era sola.
<< Non dovresti cercare i soldati. Sei di ishibar, ti uccideranno anche se sei soltanto una bambina!>>
Lanciò uno sguardo alla tenda, sperando che la sua misericordia non venisse notata. Era ordine del comandante supremo di uccidere tutti, dai vecchi ai bambini, ma lui non se la sentiva di fare certe stragi. Si rimise il fucile a tracolla deglutendo nervoso.
<< Vattene subito, mi hai capito? Se vuoi posso darti qualcosa da mangiare, ma devi sparire! >>
<< Allora sei un soldato? >> chiese la bambina avvicinandosi di qualche altro passo. Dietro di lei si sentì un suono strano, come di qualcosa di aguzzo trascinato sul terreno.
<< Bene. Allora ti posso chiedere una cosa? E vero che c'è un re che ha dato l'ordine di cominciare la guerra? >>
Il soldato la guardò a disagio.
<< Ti ho detto di andartene. >> le rispose a bassa voce.
<< No, ti prego, devi dirmelo! >> gli disse la bambina guardandolo negli occhi.
<< Vattene...>>
<< Devi dirmelo!!! >> gli urlò la bambina. L'uomo sgranò gli occhi portandosi subito un dito alla bocca in segno di silenzio.
<< Me lo dici? >> chiese ancora Letizia.
<< Va bene, va bene. Basta che non urli. E' vero. C'è il re dietro la guerra.>>
<< Chi è? Come si chiama? E dov'è ora? Ha una famiglia? >>
<< Bambina...>> cercò di fermarla il soldato.
<< Guarda che se non mi rispondi mi metto ad urlare! >> Minacciò Letizia.
Il soldato alzò gli occhi al cielo chiedendo si quale dio aveva offeso per avere una punizione del genere.
<< Il re si chiama King bradley e credo che adesso si trovi a casa sua a central city insieme alla sua famiglia...>>
<< Ha una moglie? E un figlio? Questa città e tanto distante?>> chiese la bambina avanzando di un passo ad ogni domanda.
<< Senti bambina...ora ti do un po di pane e te ne vai, ok? >> propose il soldato dando le spalle alla bambina mentre cercava del cibo da darle.
<< No >>
La voce della bimba risuono secca nell'aria. Il soldato se la ritrovò ai piedi in un attimo, un coltellaccio in mano.
<< Cosa...?! >> farfugliò mentre faceva un passo indietro.
Ma era stato troppo fiducioso a mettersi il fucile a tracolla, non avrebbe fatto in tempo a prenderlo.
Letizia alzò la sua arma sopra la testa per poi calarla sul soldato. La lama penetrò nella gamba dell'uomo spinta più dalla forza di gravità che dal quella della bambina. L'uomo urlò di dolore accasciandosi a terra. Letizia avvicinò il suo viso a quello dell'uomo che adesso si trovava al suo stesso livello.
<< Ora ti farò dormire per sempre. Proprio come mamma e papà! >> le disse sorridendo.
Nei suoi occhi il soldato scorse un luce di pazzia. Quella che ti prende quando non riesci ad accettare un grande dolore. Quella pazzia che ti fa diventare tutt'uno con il dolore.
E la fissò negli occhi mentre Letizia, con un risolino alzò di nuovo il coltello per farlo cadere sul petto dell'uomo.
Del sangue le schizzò in viso mente l'uomo sgranava gli occhi dal dolore. Il soldato sentì distintamente uno dopo l'altro gli ultimi battiti del suo cuore, mente cercando di respirare sputava sangue proveniente dai polmoni lacerati.
<< Fai la nanna ora! >> le disse la bimba facendole una carezza. Estrasse il coltello con un colpo secco sorridendo gentilmente. L'uomo si lasciò cadere all'indietro mente l'ultimo battito del suo cuore gli scuoteva il petto.
Quel sorriso così gentile e pazzo allo stesso tempo riempì i suoi ultimi secondi.
Un rumore distrasse Letizia dal dare un ultima buona notte al militare. Qualcosa nella tenda si mosse con circospezione aprendo lentamente la cerniera. La piccola si avvicinò lentamente trascinando il suo coltello per terra.
Dalla tenda intravide il volto di un altro uomo, che impugnava il fucile scrutando nel buio della notte. Quando vide Letizia muoversi verso di lui, sporca di sangue gli puntò subito il fucile addosso.
La bambina si fermò guardandolo fisso negli occhi. Mise il broncio, gli occhi lucidi sull'orlo delle lacrime.
<< Perché mi vuoi fare del male? >> le chiese avvicinandosi di un altro passo. Il soldato esitò, mentre al suo fianco l'altro uomo si stava appena svegliando.
<< Anche tu sei una persona cattiva! >> urlò. << Io voglio andare a dormire! Andare a dormire come mamma e papà! Ma se ci sono le persone cattive come voi non me ne posso andare! >>
Il soldato deglutì a disagio sotto lo sguardo accusatorio della bambina. Ma era di Ishibar e andava pur sempre uccisa. Caricò il fucile pronto a sparare.
<< Devo mettere a nanna anche te...>> sussurrò piano la bambina chinando in avanti il capo e nascondendo il viso al militare. Prima che l'uomo se ne accorgesse Letizia gli puntava il suo coltellaccio addosso, a poca distanza dal suo viso.
L'uomo trasalì, puntando gli occhi a quelli di letizia. D'istinto premette il grilletto del fucile. Lo sparo illuminò per un secondo il piccolo spiazzo in mezzo alle case distrutte, facendo risuonare il suo rumore nella notte.
Letizia si leccò il sangue dalla ferita sul braccio. Lo sparo del soldato l'aveva solo colpita di striscio e non sembrava niente di grave.
Il terzo soldato era il più giovane. Mente Letizia entrava nella tenda cercava disperatamente di caricare il fucile. Aveva poi cercato di difendersi, ma la bambina aveva ucciso anche lui, augurandogli la buona notte mentre il soldato si accasciava. Un po' le dispiaceva: forse quell'ultimo uomo non era poi così cattivo.
Addentò un tozzo di pane preso dalle scorte dei soldati mentre, seduta su un muro caduto, fissava la luna. I coltellaccio riposava fedelmente al suo fianco, ripulito dal sangue che aveva versato.
Letizia si leccò nuovamente il sangue dalla ferita senza staccare gli occhi dal cielo. Con un ultimo boccone finì il pane, pulendosi la bocca sul dorso della mano.
Si sistemò meglio sul pezzo di muro crollato poggiando una mano sul manico del coltello.
<< Grazie mamma e papà per avermi aiutato...>> sussurrò sorridendo.
<< Ora dobbiamo scoprire come si arriva a casa del re. Lui è la persona più cattiva di tutte. Devo metterlo a nanna presto...>>
rimase a pancia in su per tutta la notte rievocando ricordi felici insieme al tentativo di ricordarsi dove fosse Central City. I suoi genitori gliene avevano parlato ogni tanto, ma lei non riusciva comunque a dire da che parte fosse.
<< Chiederò ad altri soldati domani notte >> si disse compiaciuta. Ma lanciando un occhiata all'orizzonte che cominciava a tingersi di rosso mise il broncio.
<< Uffa...tra poco ci sarà di nuovo la luce del sole! >> scese di malavoglia dalla sua postazione, mettendosi nella tasca sul davanti un altro pezzo di pane e a tracolla la borraccia.
Entrò in una casa dei dintorni, cercando l'angolo più buio in cui era sicura che non sarebbe entrato il sole.
Si sedette a terra prendendo il libro delle fiabe e aprendolo su una nuova fiaba.
La fiaba:
capitolo 1
Molto tempo fa esisteva uno spirito, che uscito dagli inferi tormentava gli abitanti del regno. Ogni anno rubava un corpo, per prenderne il controllo e avere finalmente una forma.
Un anno decise di prendere il corpo di una piccola bimba, sicuro che in quella forma nessuno gli avrebbe fatto del male. Infatti era così. Gli abitanti del villaggio della piccola non osarono torcergli un capello e i genitori disperati pregavano perché la loro povera figlia potesse essere esorcizzata.
Il demone scappò dal villaggio approfittando di quelle sue dolci sembianze per uccidere gli uomini che incontrava sul suo cammino.
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