Linda's portraits

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Irene Kirsh
view post Posted on 28/9/2010, 17:39




SPOILER (click to view)
Sì, ma della versione con i capelli color alga dell'anime non mi interessa^^
ecco un disegno di Akane per il suo gioco nuovo che sto attendendo con ansia^^Il secondo è uno del vecchio
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Matt

Per Matt ho scelto il giardino.


Ho pensato che sarebbe stato uno sfondo perfetto e che avrebbe fatto risaltare i colori accesi che caratterizzano il mio nuovo soggetto; dopo aver passato ore su tutte le gradazioni di grigio, nero e bianco, posso finalmente dedicarmi a una certa varietà di sfumature.
Sediamo entrambi sull'erba morbida e umida di rugiada, posizionandoci in modo da avere il pallido sole settembrino alle mie spalle, così che non disturbi i miei occhi, e alcuni raggi che colpiscano Matt.

L'effetto è meraviglioso.

Io sono armata di blocco da disegno e matite, lui della amata PSP ricevuta in regalo da Roger per il suo quattordicesimo compleanno.



-Linda, ti da' fastidio se fumo?- domanda, estraendo una sigaretta dalla tasca del gilet chiaro che indossa.
-No, figurati... Ma da quando hai questo vizio, Matt?- replico piuttosto stupita dalla mia scoperta.
Silenzio, interrotto solo da un lieve sbuffo con il quale una sottile scia di fumo si fa strada tra le sue labbra.
Matt mi omaggia del suo tipico sorriso scanzonato e piuttosto provocatorio, mentre con gesti rapidi, resi tali dall'abitudine, inserisce un gioco nella console e si appresta a proseguire la partita interrotta in precedenza.
-Da un po'-.






Matt è Matt.
Credo si possa partire da qui.


Matt è simile a una di quelle gemme sfolgoranti esposte nelle gioiellerie su teli di velluto nero: se ti soffermi a fissarlo troppo a lungo, finisci per rimanere abbagliato dalle sue molteplici e diversissime sfaccettature.
O dai colori accesi del suo abbigliamento.





Matt è di natura allegra.
È la persona più solare della Wammy's house, ha sempre il sorriso sulle labbra e la sua risata contagiosa è udibile in tutto l'edifico, un vero toccasana per il malumore.
Credo che i suoi tratti più caratteristici siano proprio il suo permanente sorriso, il suo avere sempre la battuta pronta, il suo modo di prendere la vita con leggerezza e con positività, nonostante la sua storia personale e l'andamento delle cose in questo mondo.





Matt è un videogiocatore accanito.
Ha sempre avuto questa passione e credo se la porterà fino nella tomba.
La sua mente è sempre troppo occupata a vagare tra mondi digitali, trame complesse, strategie e tecnologie varie per poter soffermarsi per più di cinque minuti su qualcuno o qualcosa di statico.
Ultimamente si è interessato all'informatica; chissà che non diventi un bravo hacker.





Matt è paziente e flemmatico.
Nonostante la sua tendenza ad usare un volume di voce piuttosto elevato e il suo vagare qua e là rumorosamente come fa un tornado mentre devasta una piana silenziosa, è davvero difficile che perda la calma.
Tranne quando la scritta "GAME OVER" lampeggia sullo schermo della console che sta utilizzando.
Nessun membro dell'orfanotrofio scorderà mai la volta in cui Matt ha lanciato il suo primo gameboy contro la porta della sala comune urlando termini irripetibili e ancora sconosciuti a noi bambini; l'aggeggio ha quasi decapitato Roger, entrato proprio in quel momento per annunciare la cena.

Nel fracasso prodotto dalle risate di tutti e dalle scuse imbarazzate di Matt a un Roger a dir poco sconvolto, qualcuno giura di aver udito persino una risata soffocata provenire da dietro un enorme castello di tarocchi che occupava metà della stanza.
Qualcuno sostiene che fosse Near, altri trovano ben più probabile che fosse la poltrona accanto alla finestra.

Ciò accrediterebbe l'ipotesi formulata da alcuni, secondo cui Matt sia in grado di far ridere anche i mobili.




Mi rendo conto solo ora di aver divagato per una mezz'ora senza aver disegnato assolutamente nulla.
Ok, Linda, concentrati.


Osservo attentamente il suo volto regolare, nel tentativo di imprimere ogni dettaglio nella mia mente per riprodurlo con precisione.
Matt scoppia improvvisamente a ridere, staccando gli occhi dalla console (probabilmente messa in pausa per non perdere minuti preziosi della partita in corso) per un istante; compone un'espressione terrorizzata ed esclama: - Il modo in cui mi fissi è piuttosto inquietante, sai?-.
Arrossisco: - Mica lo faccio apposta! Se non ti studio con attenzione come faccio a ritrarti in modo realistico?- ribatto piuttosto imbarazzata.
Matt soffoca rapidamente la propria ilarità, assumendo ora un'espressione preoccupantemente seria: -Sì, ma avresti dovuto vederti in faccia, Linda- risponde in tono grave, offrendomi un'imitazione temo ben riuscita della mia assurda espressione.


Ecco, che rabbia, mi ha contagiata.

Gli tiro la gomma pane colpendolo in piena faccia, mentre la mia risata risuona nel giardino assieme alla sua.
-Quanta violenza in cotale aggraziata bellezza femminile...- osserva, tendendomi la gomma e facendo un buffo occhiolino.
-Taci e torna ai tuoi videogames, cretino- ribatto allegramente, iniziando a tracciare linee leggere sul foglio.




Matt ha un fisico scattante; non è molto alto, ha braccia piuttosto muscolose e mani agili e forti, che sostiene di essersi procurato grazie alle ore ininterrotte passate a reggere joystic e a premere pulsanti.
Noto una cicatrice piuttosto marcata sulla mancina; aggiungo anche questo dettaglio.



Matt ha un viso perfettamente ovale, occupato per metà da grandi occhi di colore indefinibile; a tratti sembrano blu scuro, a tratti più tendenti al verde.
Vada per una via di mezzo.

L'altra metà del volto è occupata dal suo ghigno irriverente.




I capelli di Matt sono rossi.
No, non va, così è troppo generico.
Tra amaranto e bordeaux?
Aggiungo un po' di sangria*.
Sì, ci siamo.




Ora l'abbigliamento.
Sorrido: i vestiti di Matt sono decisamente originali.
Mi rifugio per un attimo nella meravigliosa semplicità che mi riserva il disegnare i jeans blu che indossa, poi sospiro:
mi ci vorranno secoli per disegnare l'assurda fantasia a righe bianche e nere della maglia che indossa.
Mi vanno insieme gli occhi solo al pensiero.



Aggiungo gli ultimi dettagli: la playsation portatile sul quale è chino, la sigaretta appena accesa, la terza per la precisione, che sporge dalle sue labbra, dandogli un' aria da spaccone buono, alcune rughe di concentrazione che solcano la sua fronte coperta da ciocche di capelli amaranto.


-Fatto!- esclamo soddisfatta; mi alzo in piedi, stiracchiandomi, subito seguita da Matt che replica allegramente -Anch'io-.
La mia musa artistica odierna ripone la console nella tasca dei pantaloni e mi prende il foglio dalle mani con un gesto deciso e allo stesso tempo delicato.
Noto un lampo di meraviglia ed entusiasmo nei suoi occhi bluastri: -Uao- dice solo.
-Dai, impegnati di più Matt- domando, sporgendomi oltre la sua spalla e attendendo un commento più esauriente.
-Il tratto è magnifico, bella scelta nell'uso delle mine, ottima tecnica. Le ombreggiature sono davvero realistiche, è un disegno dettagliato e pieno, ma senza cadere nell'eccesso... Inoltre lo sfondo è molto curato e ben definito; l'erba sembra balzare fuori dal foglio. E poi il soggetto è un gran figo- snocciola Matt, alternando una seria analisi artistica a uno dei suoi soliti commenti idioti.
Ridacchio, riprendendomi il foglio: - Non sono d'accordo sull'ultimo punto caro il mio critico d'arte-.
Matt si acciglia, spegnendo la sigaretta sotto la scarpa: -Davvero?- domanda tra l'offeso e l'incuriosito.
Gli sorrido, infilando il foglio nel mio fidato blocco e infilando tutto sotto il braccio: -Il soggetto del mio disegno è una persona speciale, di grande spessore umano, dotata di grande carisma e di una sensibilità rara; è una persona vivace e apparentemente spensierata, un amico e un confidente eccezionale... Te lo presenterei volentieri, sai?- rispondo.
Matt sorride, abbassando lo sguardo per un istante; noto un guizzo di insicurezza sul suo volto.
-Insomma è una bella persona?- domanda.
Rimango interdetta: strano quesito.
Matt appare piuttosto imbarazzato.
-Sì, direi proprio di sì- ripeto convinta.
Matt sembra pensoso, poi domanda: - Perchè "apparentemente spensierata"?-.
Alzo le spalle: -Tutti abbiamo i nostri problemi, no? Inoltre l'essere orfani comporta sempre una storia che cancella ogni traccia di assoluta spensieratezza dalla propria vita-.
Il ragazzo annuisce: il suo sorriso ha un che di malinconico che gli addolcisce il volto.
-Hai talento, Linda, sai? Capisci bene le persone e non è da tutti...- dice, poggiando una mano sulla mia spalla con fare amichevole.
Poi ride e torna il solito Matt scanzonato e esuberante.
-Vado a finire di studiare informatica, altrimenti mi ritroverò ultimo nella graduatoria della Wammy's e un genio della tecnologia bello e formidabile come il sottoscritto non può avere contrattempi del genere... Grazie del ritratto, conservalo con cura per i posteri!- esclama in tono allegro, avviandosi con una pigra camminata verso l'orfanotrofio.

Lo seguo, l'animo pervaso da una pace e una serenità che solo questo strano ragazzo dai capelli color amaranto è capace di donare con gratuità e ingenuità.



* Non pensate che Linda versi bevande alcoliche sui disegni XD è una sfumatura di rosso che prende il nome dalla bevanda.

Edited by Irene Kirsh - 4/10/2010, 17:26
 
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Irene Kirsh
view post Posted on 16/10/2010, 16:50




Aggiorno con...

sorpresa 1
Indovinate chi è, non è difficile





Mi sveglio di soprassalto, ritrovandomi lunga distesa sul pavimento, avvolta in un groviglio di coperte.

Credo di capire cosa provino i bruchi all'interno della crisalide.

Mi metto a sedere, intontita dalla botta e dal brusco risveglio notturno: a giudicare dal cielo plumbeo che intravedo dietro la finestra saranno le quattro del mattino.
Sospiro, sfregando con forza le mani contro le braccia nel tentativo di riscaldare con la frizione delle dita almeno una parte del mio corpo gelido e madido di sudore.




Gli incubi sono qualcosa di mortale.
Penso questo mentre mi sollevo lentamente e mi dirigo, ancora infagottata nella mia trapunta blu, verso la scrivania di legno chiaro, prendendo posto davanti ad essa.
Ignoro il tremito delle mie mani mentre accendo una piccola lampada e estraggo da un cassetto il mio blocco da disegno e una matita.



Ho sempre avuto la tendenza a proiettare tutta la mia vita sulla carta.
Gioie, dolori, traumi, esperienze...Tutto riportato con cura e dovizia di particolari su fogli di leggerissima carta, su tele, su cartoncini, con ogni tecnica possibile.
È sempre stato così e credo che sarà un' abitudine che mi porterò sin nella tomba.









C'era un Volto.
Non ricordo i dettagli dell'incubo, eppure quest'unica immagine è sufficiente a turbare profondamente la mia anima, ancora assonnata, contesa dal dolce Morfeo e da Ade.
Sì, Ade: il Volto che ho visto non può che appartenere a una creatura degli Inferi, o forse a un abitante dell'Inferno dantesco.
Nella migliore delle ipotesi.




Il Volto ha tratti affilati e spigolosi che delineo con rapidità, dato che la mia mente ha creato un'immagine estremamente vivida che continua a sovrapporsi al foglio bianco.
È come se potessi riprodurli con poche linee precise limitandomi a ricalcarne i contorni.
Anzi, non è come se potessi, è proprio ciò che sto facendo.





La carnagione marmorea contrasta marcatamente con una chioma nerissima e arruffata.
Sembra quasi che vi abbia passato più volte le dita in una manifestazione di inquieto tormento.





Il Volto possiede due grandi e sporgenti occhi tondi, cerchiati da occhiaie profondissime.
Ma le iridi...
Le iridi, santo Dio!


Scarlatte.



Quelle iridi hanno sono pervase dalla cattiveria tipica di chi è nato con un peso enorme sulle spalle.
Di chi ha dovuto imparare a convivere con Incubo e Morte.
Di chi è sempre stato considerato diverso.
O semplicemente lo è sempre stato.
Di chi si è visto portar via tutto.
Di chi ha incentrato la sua esistenza su un unico scopo che persegue a costo di sacrificare tutto.





La psicologia del Volto non è poi così diversa da noi membri della Wammy's house, ora che ci penso.
E qualcosa mi dice che questa mia intuizione si avvicini incredibilmente alla verità, all'essenza del possessore del Volto.
Ma sto divagando: è inutile continuare a speculare su dettagli ipotetici.



L'ultimo dettaglio: un rivolo di sangue che cola dall'angolo destro della bocca, incurvata in un ghigno beffardo e malinconico.
Nessuna firma dell'autrice.
Non serve.




Mi alzo in piedi, dopo aver riposto blocco e matita e aver spento la luce.
Stringendo il foglio tra le mani abbandono la coperta sul pavimento e lascio la stanza, percorrendo silenziosamente i corridoi deserti fino a giungere davanti alla porta che cercavo.



Busso con delicatezza.
Dopo un istante la porta si apre di pochi centimetri, mostrando un grande occhio verde scuro.
-... Linda, come mai in giro a quest'ora?-.
Rivolgo un cenno di scusa a Matt che si scosta e mi introduce nella sua stanza con un sorriso assonnato, ma ospitale.
Tipico di lui.
-Scusami, Matt, so che è tardissimo, ma avrei bisogno di un prestito urgente- rispondo, guardandomi intorno con interesse: dopotutto una camera è lo specchio del suo proprietario... E direi che l'allegro caos che caratterizza questa camera ben rispecchia il Matt che conosco .



Il pavimento è ricoperto di manuali informatici, videogames e stagnole argentate.
Uno schiocco secco mi avverte della presenza di Mello; lo cerco con lo sguardo, trovandolo stravaccato sul letto dell'amico, in una mano un libro, nell'altra l'immancabile tavoletta di cioccolata.
Lo vedo sollevare leggermente lo sguardo dalle pagine e ricambiare con aria disinteressata il mio saluto silenzioso, per poi tornare a immergersi nella lettura.
-Che genere di prestito?- domanda Matt, mettendosi a sedere sul letto e fissandomi con curiosità.



-Un accendino o un fiammifero- rispondo con semplicità.
Roger non ci lascia tenere oggeti del genere per "ragioni di sicurezza".
Ma sapevo che chiedendo a un fumatore sarei andata a colpo sicuro.



Mello solleva nuovamente lo sguardo dalle pagine di quella che mi accorgo essere la Divina Commedia.
Ah, le coincidenze
.
-Piromania notturna?- domanda in tono ironico facendomi sorridere.
-Mello ha ragione, strana richiesta la tua... A cosa ti serve? - aggiunge Matt, frugando distrattamente nelle tasche dei jeans e tendendomi poco dopo un piccolo accendino nero.
Mello ha spostato gli occhi cerulei sul foglio che stringo convulsamente nella mancina, subito notato anche dall'amico.



Rispondo con voce calma :
-Mi serve per incenerire un incubo-.



Aziono poi la rotellina metallica e osservo come la piccola scintilla scaturita da essa incendi il gas, dando vita ad una piccola fiamma.
Mi avvicino alla finestra spalancata e accosto l'accendino alla carta.
Quando il fuoco attecchisce, poso il disegno sul davanzale, assistendo in un silenzio quasi religioso alla sua fine.



Una folata di vento porta via la cenere in un turbinio di nero e di grigio.


-Linda... Ehm, tutto bene?- domanda il rosso con una note esitante nella voce.
Mi volto, improvvisamente sollevata, come se mi fossi liberata di un peso che mi opprimeva il cuore.
Noto che i due ragazzi si stanno scambiando un'occhiata preoccupata, cosa che causa il mio profondo divertimento:
-Tranquilli, non ho intenzione di disturbarvi oltre... Grazie e scusate ancora- dico.
Probabilmente temevano una qualche reazione isterica tipicamente femminile.


Maschi.


Faccio per restituire l'accendino al suo proprietario, ma il timbro basso e deciso di Mello rompe il silenzio: - Conviene che lo tenga tu-.
Matt si volta verso l'amico, guardandolo con aria sorpresa.
Mello ha usato un tono quasi... Gentile?
- Potresti fare altri incubi, no?- aggiunge subito aspramente, forse perchè conscio di aver agito con atipica"delicatezza" - Verresti qui ogni volta a darci il tormento e non sarebbe altro che una seccatura enorme per tutti. Perciò tientelo e da' pure fuoco al mondo intero, basta che non rompi più-.
Matt lo guarda simulando grande ammirazione:- Che classe. Che tatto. Che magnifico gentiluomo abbiamo tra noi...-.
Ridacchio divertita, mentre Mello finge di concentrarsi nuovamente sul libro.
- L'orso cacaomane ha provato a essere cortese, ma con scarsi risultati... Comunque, Madame, tenetelo pure come dono dell' Vostro umile servo, qual io sono...- aggiunse in tono melodrammatico, inchinandosi e baciandomi la mano.
-Ahahaha, ma quanto sei idiota... Comunque grazie mille, mio signore- ribatto divertita.
-Tranquilla, nessun disturbo, tanto ne ho parecchi- replica strizzandomi l'occhio.
Sorrido riponendo l'oggeto in una tasca.
Poi mi dirigo verso la porta: - Grazie mille, Matt e buonanotte...-.
-Figurati, spero tu riesca a riposare un po' meglio... Gli incubi sono una brutta cosa-.
Annuisco, poi, prima di uscire, esclamo:- Mello?-.
L'interpellato mi guarda con la coda dell'occhio.

-Era un modo per cercare di essere gentile con me, l'ho capito e lo apprezzo molto, davvero. Buonanotte anche a te-.
Mello borbotta qualcosa, immergendo il naso nelle pagine del testo dantesco.
Richiudo la porta alle mie spalle, mentre delle voci soffocate si intrecciano tra loro.

-Che cretino che sei... "Tientelo pure" eh?-.
-Sta' zitto, idiota-.
-Sì, anch'io ti voglio bene, Mello carissimo-.
-...-.









Un giorno un altro Volto occupera i miei incubi.
Altre iridi assassine faranno strage di vite.
Potrei giurarlo, anche se non so perchè.
In quei giorni rimpiangerò questo Volto.
Perchè il prossimo non sarà nei miei sogni, ma nella realtà.
Mieterà vittime tra i miei cari.

E non potrò fare altro che stare a guardare, perchè un accendino non basterà più.
 
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elle92
view post Posted on 24/10/2010, 13:04




:mki: bello :mki:

W RYUK!!!!!!!!!! :riot:
 
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la gelataia ambulante revival
view post Posted on 24/10/2010, 17:58




Nei commenti su EFP dicevano che era BB o.O
Ma anche io pensavo a Ryuk :zizi:
 
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elle92
view post Posted on 24/10/2010, 18:02




ovvio che è Ryuk, insomma BB è identico a L e dalla descrizione, insomma il ghigno e tutto il resto... ho pensato a L quandoo ha parlato delle occhiaie, ma anche Ryuk le ha... vabbè :gratt:
 
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la gelataia ambulante revival
view post Posted on 24/10/2010, 18:08




... :gratt:
 
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Irene Kirsh
view post Posted on 25/10/2010, 19:24




avrei qualcosa da ridire sul fatto che Ryuk abbia la belle bianca :asd:
 
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la gelataia ambulante revival
view post Posted on 25/10/2010, 19:36




Oh. Vero.
 
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Irene Kirsh
view post Posted on 25/10/2010, 20:03




ISB


I Soliti Babbi XD

entro stasera ne sforno uno nuovo.
 
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elle92
view post Posted on 25/10/2010, 20:21




SPOILER (click to view)
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la faccia mi sembra abbastanza pallida... :sisi:
 
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Irene Kirsh
view post Posted on 25/10/2010, 20:24




Elle, è GRIGIA.
:asd:

comunque se preferisci che sia Ryuk, fa pure^^
Fa parte della natura di BB l'essere ambiguo, forse più demone che uomo... Quindi ci sta la somiglianza/sovrapposizione con lo shinigami.
 
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Irene Kirsh
view post Posted on 25/10/2010, 23:41




Sorpresa 2
Ancora più facileXD


Entro nella sala comune, ancora immersa nei miei pensieri.
Abbiamo appena terminato la cena e la sala è ancora vuota e silenziosa, fatta eccezione per il suo principale frequentatore.
-Ciao Near-.
L'interpellato solleva gli occhi dal suo operato:
-Linda-.
-Origami?- chiedo, ammirando le figure di carta colorata schierate di fronte a lui, un esercito di fiori, cani, stelle e pesci pronti ad obbedire al loro signore.
Near annuisce, lo sguardo perso nei giochi di luce che il bagliore delicato del lampadario proietta sul dorso delle sue mani; solo dopo qualche istante comprendo da dove vengano quelle macchie colorate che tanto sembrano affascinarlo: dai cristalli che decorano il fermaglio per capelli che indosso.
Senza dire nulla me lo tolgo, liberando la chioma castana e lo avvicino alla sua mano, così che i punti rossi, blu e bianchi divengano più nitidi: il mio stravagante compagno sembra leggermente spiazzato, ma rimane in contemplazione dell'oggetto.

Era un sorriso quel lampo che gli ha appena attraversato il volto?
Potrei giurare di sì.



-Sei uno strano fenomeno, Near- commento con onestà.
-Grazie- risponde, prendendo con delicatezza l'oggetto dalle mie dita e avvicinandolo agli occhi color tempesta.



È il mio turno di rimanere a bocca aperta: - Non credo si possa definire un complimento...-.
-Non intendevo questo- replica in tono appena udibile, ma a suo modo gentile, sfiorando con la punta dell'indice ogni cristallo -Per definire qualcosa sono necessari un certo interesse e una lunga osservazione-.


Ora capisco: mi ringrazia per essermi interessata al suo mondo, alla sua persona, senza fermarmi allo spesso muro accuratamente costruito con l'intento di scoraggiare tutti coloro che gli stanno attorno.



È come se, nonostante l'isolamento autoimposto, Near desiderasse essere... Scoperto, se così posso dire.
Sorge spontaneo in me il paragone con un diamante rinchiuso in una lastra di ghiaccio: nonostante tutto, la gemma lancerà sempre qualche lieve bagliore percepibile solo da occhi attenti.





-Grazie per esserti fatto trovare- mormoro involontariamente, salvo poi pentirmene e sperare che non abbia sentito: come tuffarsi in una piscina sperando di uscirne asciutti.
E infatti mi ha sentita.


Inutile negare, Linda: sei felice di aver ottenuto un qualche contatto con questo Sconosciuto... Che male c'è a farne partecipe anche lui?


Noto che gli angoli della sua bocca si sollevano nuovamente.
Due volte in un giorno.
Fantastico.


Near non fa commenti, restituendomi il fermaglio; mi affretto a raccogliervi nuovamente la chioma, tanto per tenere le mani occupate e per mascherare l'imbarazzo.
Non voglio che pensi che sono un'impicciona o cosa.



Improvvisamente mi dà le spalle, cominciando a piegare con movimenti rapidi e fluidi un foglio di carta candida.
Lo osservo incuriosita da sopra una spalla, tenendomi il più lontana possibile: ho notato da tempo come poco ami il contatto fisico.
Le sue dita agili creano le ultime piegature e increspature.
Il crepitio sottile della carta è un sottofondo delicato, rilassante.

Poi la magia termina.


Near si volta di poco verso di me, mentre la sua mano mi tende uno splendido giglio, perfetto in ogni dettaglio.
-Credo che tu sia una persona buona- osserva in tono solenne, simile a un anziano sacerdote nell'atto di svelare un arcano mistero al giovane adepto.


Non so bene che rispondere: ovviamente il suo commento è modellato sul nostro precedente scambio di battute.
Rifletto.
Near mi ha ringraziato con un regalo.


Vorrei ricambiare, ma come?



-Questo pomeriggio mi è accaduta una cosa strana...-.
Sto fissando il fiore di carta, ma sento il suo sguardo fisso su di me.
Certa di avere almeno una sua parziale attenzione, inizio a raccontare.













Ero immersa nei miei pensieri e sono capitata davanti all'ufficio di Roger.
Non sono mai stata convocata in quel luogo, notoriamente aperto a noi bambini solo in funzione di "Reproof room"*: vi si possono trascorrere minuti alquanto spiacevoli in balia dei rimproveri dell'anziano direttore; sono sempre stata attenta in classe e corretta con i miei compagni, quindi non ho mai dovuto subire questi lunghi monologhi traboccanti di biasimo e delusione riservati soprattutto a Mello e ai suoi degni compari, i membri più focosi, impulsivi, arroganti e avventati della Wammy's house.


Non sono entrata, mi sono limitata a lanciare una breve occhiata curiosa all'interno, aspettandomi di trovare la rassicurante figura di Roger china sulla scrivania e illuminata di riflessi color nasturzio dalla luce del tramonto.

Avevo già ritratto quella scena, donando poi il mio lavoro a quell'uomo che per me e per molti altri è la persona più vicina ad un genitore che abbiamo mai avuto accanto; ricordo di aver ricevuto un sorriso gentile e una serie di complimenti e ringraziamenti.




Invece i miei occhi hanno registrato qualcosa di inaspettato.
Qualcosa che mi ha fatta gelare.
Qualcosa che credevo di avere bruciato tempo addietro.





Mi sono avvicinata silenziosamente alla porta, osservando l'ospite con qualcosa di simile al terrore negli occhi.



Davanti alla grande finestra dell'ufficio di Roger vi era un uomo.
Giovane, sulla ventina credo.
Era di spalle, ma la sua figura mi era talmente familiare da non poterla scordare facilmente.



L'avevo vista in un incubo, l'avevo disegnata e incenerita.



Improvvisamente l'uomo si è voltato.
Il mio cuore ha perso un paio di battiti, mentre cercavo con un'occhiata fulminea quel dettaglio.




Da un volto spigoloso e pallido, coperto da una frangia corvina piuttosto scomposta, un paio di occhi tondi e sporgenti, circondati da profonde occhiaie, mi fissava con leggero interesse.



Iridi color carbone.



Ho ricambiato l'occhiata, dandomi mentalmente della stupida: vivi troppo nel mondo dei sogni, Linda.



L'uomo ha piegato leggermente la testa di lato, aumentando il margine di somiglianza che lo rendeva estremamente vicino ad un gufo.
-Ti ho fatto paura?- ha domandato con voce bassa e piuttosto monocorde.
-No... Credevo di aver visto... No, nulla, mi scusi- ho balbettato, arrabbiata con me stessa per la figuraccia appena fatta.
Il mio interlocutore non sembrava affatto turbato dalla mia maleducazione :- Sono qui per discutere con Roger riguardo alcuni affari importanti... Ma temo sia occupato- ha affermato in tono tranquillo - Vorresti farmi compagnia mentre attendo?-.
Non sapendo che altro dire, ho annuito, entrando nell'ufficio e sedendo su una sedia vicina alla finestra.
Ho gettato uno sguardo al grande giardino sotto di noi, tornando poi a fissare l'uomo che nel frattempo si era seduto accanto a me, assumendo una posizione a dir poco stravagante: appollaiato sulla sedia, in equilibrio sulle punte dei piedi nudi (dettaglio che ho notato solo in quel momento).


Allibita, non ho potuto trattenere un sorriso.
-Come mai sorridi?-.
Beccata.
-Non è scomodo?- ho replicato accennando alla sua strana posa.
Quello ha sorriso lievemente:- Qualunque altra posizione diminuisce del quaranta per cento le mie facoltà intellettive-.


Commenti simili mi sono familiari, ormai: so bene che tipo di personalità si cela dietro parole del genere.
Quest' uomo deve avere un'intelligenza notevole.



Un genio, dunque.

Uno dei tanti, dovrei aggiungere: qui alla Wammy's la genialità è ormai qualcosa di terribilmente banale.






- I geni sono come gli uccelli- ho mormorato dopo alcuni istanti di silenzio.
Ho pronunciato quelle parole involontariamente, a volume bassissimo, assorta com'ero nei miei pensieri.
Forse un delfino avrebbe captato qualche vibrazione, ma nulla di più.



-In che senso?- ha domandato immediatamente, una scintilla di interesse in più a far ardere il suo sguardo.


Ha sentito eccome.

Linda,dovresti imparare a non dire sempre la prima cosa che ti passa per la testa.



-Vi appollaiate nei modi più assurdi, avete grandi occhi acuti e un udito micidiale-ho detto con sincerità.
-L'uso del "voi" presuppone il fatto che tu creda che io sia un genio- ha affermato senza scomporsi, ma con lo stesso sguardo incuriosito.

-Assolutamente- ho risposto, più che certa del mio giudizio su di lui.


-Intuito sopra la media. Notevole-.
-In questo orfanotrofio sono una delle persone meno dotate- ho ridacchiato, lusingata, però, dal suo commento.


Non sapevo chi fosse quello strano individuo, ma i suoi modi pacati e il suo sguardo placido e leggermente fuori fuoco mi ispiravano fiducia e rispetto.


Il giovane ha taciuto per un po', poi ha domandato ancora:- Che uccello sarei, secondo te?-.
-Un gufo- ho ribattuto immediatamente, sperando che non si offendesse.
Con mia grande sorpresa, nel suo sguardo ho trovato una sincera approvazione.
-Ne conosci anche altri?- ha proseguito; in quel momento nella sua voce piatta e nel suo sguardo nerissimo vi era una nota di divertimento: sembrava che volesse giocare con me.
Ho annuito, stando al gioco: - Un fenicottero... Bianco, però. E solitario. E un falco bisbetico e indomabile, accompagnato da un leale e paziente pettirosso. Vivono qui-.
L'altro mi ha ascoltato attentamente, per poi annuire senza aggiungere nulla.




-Sembri una buona osservatrice- ha osservato dopo alcuni minuti di silenzio assoluto.
Non si era ancora stancato di stare seduto a quel modo.
-Amo disegnare... I dettagli sono fondamentali-.
-Fai anche ritratti?-.
Ho sorriso: - Soprattutto ritratti-.


-Vorresti ritrarre anche me?-.
Ho accettato immediatamente.
Non attendevo altro.





Ho avuto un paio d'ore, per fortuna Roger era piuttosto occupato e ho potuto concentrarmi sul disegno senza che la fretta disturbasse il mio operato.



Durante l'esecuzione del disegno non ho potuto fare a meno di notare ancor di più quanto la persona seduta davanti a me fosse assolutamente unica e fuori dalla norma.
Mai vista una persona capace di rimanere perfettamente immobile per un lasso di tempo tanto prolungato.


Solo il movimento regolare delle sue spalle larghe e ossute,
scandito da ogni respiro, mi rassicurava riguardo il suo stato di salute.



Ha compiuto un unico movimento nell'arco di due ore: si è portato il pollice alle labbra, prendendo poi a mordicchiarne la punta con aria persa.
Il suo sguardo attento vagava sulla vista offerta dalla finestra dell'ufficio, incurante delle mie continue occhiate concentrata.





Memore del mio incubo, non ho impiegato molto a delineare i tratti principali del suo volto, passando poi a ritrarrne la posa raccolta e la sedia che gli faceva da trespolo, seguite dal rimanente mobilio della stanza.


Tutto dell'immagine che si presentava ai miei occhi mi affascinava e sorprendeva per un qualche sconosciuto motivo.





La sua espressione è stata particolarmente ostica: difficile ricreare l'effetto dei due grandi occhi apparentemente vuoti, illuminati da un' unica scintilla di acume, nonchè l'aria infantile e paradossalmente pragmatica e disincantata che aleggiava sul suo volto pallido.

Come spiegarla?
Forse era simile a quella di un bimbo posto di fronte all'idea che Santa Claus non esista: riluttanza e rassegnazione, miste a delusione.
Uhm, no.
Forse ci avviciniamo di più immaginando che il bimbo in questione scopra che Santa Claus esiste ed è un killer spietato di renne e folletti.

Sì, credo che renda bene l'idea.



-Ho finito-.
Il mio interlocutore si è sollevato dalla sedia con un unico movimento lento e sicuro, probabilmente reso tale dall'abitudine di sedersi a quella maniera.
Si è avvicinato, prendendo poi con delicatezza, usando solo la punta delle dita, il foglio che gli tendevo.


Ha tenuto il mio lavoro sollevato all'altezza degli occhi per quattro minuti e trentasei secondi, poi ha sussurrato: - Hai talento...-.
-Linda- l'ho aiutato, accorgendomi solo in quel momento del fatto che non ci eravamo ancora presentati.
Questo ha annuito, replicando: -Puoi chiamarmi Ryuzaki.... Hai davvero un grande talento, Linda. Ti auguro di farne buon uso-.
-È un regalo, lo tenga pure. La mia stanza è fin troppo piena di scarabocchi e carta- ho aggiunto prima che potesse restituirmi il foglio.
Ryuzaki ha sorriso lievemente, ringraziandomi con un lieve cenno.

- Lo conserverò con cura-.





-... Poi è entrato Roger e li ho lasciati ai loro affari-.
Termino il mio racconto, osservando il mio ascoltatore con aria tranquilla.
Near tace: non si è perso una parola di quello che ho detto, ne sono certa, ma forse non ha nulla da aggiungere.



-Perchè mi hai raccontato questo episodio?-.
Qualcosa da dire lo aveva, allora.



-Near, un rapporto tra esseri umani è fatto di una certa reciprocità, un condividere alcune esperienze... Mi hai mostrato qualcosa di te, mi hai fatto un regalo... Io ho voluto ricambiare. Tutto qui-


-Non capisco perchè tu desideri avere un qualche rapporto con me. Tutto qui- replica, scandendo le ultime parole con un tono lievemente ironico.
O forse amaro.


Il silenzio avvolge la sala comune per alcuni minuti.

-Deve esserci per forza una ragione?- chiedo tranquillamente.
-Sì- ribatte subito.
Logico, razionale.
Terribilmente freddo.



-E se non fosse una ragione logica? Potresti tentare di accettarla ugualmente?-.

Silenzio.

-Temo di no-.
La muraglia di ghiaccio è di nuovo in piedi.
Più sottile di prima, certo, ma mi sovrasta ancora.
Sospiro, intuendo che la nostra conversazione odierna finirà qui.
Near mi volta nuovamente le spalle, tornando a costruire i suoi origami.










Non vi è alcuna ragione logica, mi dico.
Sento Near come parte del mio mondo, della mia esistenza, come lo sono Matt, Mello, la Wammy's house, le mie matite, la luce del sole, il cielo.

Tutto qui.





*stanza del rimprovero


 
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Irene Kirsh
view post Posted on 30/11/2010, 18:29




nuovo! Ho scritto un sacco, scusate :patpat:


End of part one- la partenza


La Wammy's house è sempre stata un luogo sereno e gioioso, nonostante il passato più o meno drammatico dei suoi occupanti.



Echi di risate infantili, di sussurri concitati, di passi rapidi e leggeri pervadono i grandi corridoi dell'edificio di un'atmosfera intima e accogliente .

Le grandi stanze sono sempre luminose, ricche di grandi finestre che danno sul magnifico giardino, regno incontrastato degli appassionati di calcio e dei tornei di nascondino e acchiapparella.



Giochi banali, direte voi.

Giochi infantili.

E perchè dovrebbe essere diversamente?

Non siamo bambini, in fondo?







I giochi dei bambini non sono giochi, e bisogna considerarli come le loro azioni più serie.

Michel De Montaigne












Oggi, però, vi è solo silenzio.

Le notizie circolano in fretta tra mille sussurri e nel giro di un paio d'ore tutti sanno.











Mello se ne vuole andare.

Vuole abbandonare la Wammy's house.

Senza un apparente motivo.

Per trovare cosa?

Per lasciare cosa?

Per diventare cosa, ragazzino orgoglioso?







A chi mi domanda ragione dei miei viaggi, solitamente rispondo che so bene quel che fuggo, ma non quel che cerco.

Michel De Montaigne













-Mello-.

-Linda-.

Rimango sulla porta della sua stanza, osservandolo in silenzio mentre raduna i suoi effetti personali in una grande borsa, percorrendo la camera in tutta la sua estensione alla ricerca di oggetti dimenticati.

-Hai bisogno di qualcosa?- dice Mello dopo alcuni istanti in tono leggermente seccato, chinandosi per controllare sotto il letto.





-C'è un libro vicino alla finestra... Lì, appena più a destra- affermo, ignorando la sua domanda e tentando di mantenere un certo contegno.



L'altro non ribatte, avvicinandosi a gattoni all'angolo della stanza che gli ho appena descritto e raccogliendo una copia vissuta della Divina Commedia.

Quel libro è sempre in giro quando io e Mello ci incontriamo.







Rialzandosi dal pavimento, volta la testa verso di me, osservandomi per la prima volta.

-No... Ti prego, risparmiami almeno questo- mormora sarcasticamente, avvicinandosi alla sua borsa per posare il libro sopra la pila di vestiti al suo interno.

Sussulto, imponendomi di non avere alcuna reazione.

-Non ho nulla in particolare contro di te, Linda, ma non ho intenzione di sorbirmi pianti e scenate isteriche. Non oggi. Perciò vattene e lasciami finire i bagagli in santa pace-.





Che rabbia.

Non mi ero resa conto di avere un'espressione così esplicitamente rattristata.

Rimedio subito imbastendo un'aria indispettita e ribattendo con voce fredda:- A me sembra che l'unico a fare scenate isteriche qui sia tu. Volevo solamente salutarti... E capire perchè tu stia mollando tutto così, senza un motivo-.





La calamità dell'uomo, è il creder di sapere.

Michel De Montaigne











Mello chiude la borsa con un gesto deciso e stizzito, voltandosi nuovamente e rispondendo irato:- Non parlare come se avessi la verità in tasca! Pensi di sapere tutto? Mi credi capace di abbandonare il luogo dove sono cresciuto senza un valido motivo? Ma certo, il fatto che tu non sia a conoscenza di un qualche evento fuori dall'ordinario significa che non deve essere accaduto nulla del genere, giusto?-.

Taccio, intimorita dal suo scatto: ammetto di averlo volutamente provocato, ma non mi aspettavo una reazione tale.



Sarcasmo, ecco, magari qualche rispostaccia acida.

Certo non questo torrente di parole astiose.





-Ti ho chiesto di venire?

No.

Ti ho chiesto di farmi compagnia?

No.

Ti ho chiesto di venire a compatirmi o a farmi la morale per la decisione che ho preso?

No! Quindi cosa diavolo vuoi?!- prosegue senza sosta, ogni parola scandita dal suo timbro aspro e aggressivo.

-Mello, ora stai esagerando, chi ti ha detto che io sia qui per compatirti o che voglia rimproverarti?- rispondo incredula, avvicinandomi di un passo.

Il ragazzino indietreggia, fissandomi con'aria a dir poco esasperata:-Fammi il favore, Linda, vattene-.

-No, finchè non mi dici che ti passa per la testa!- replico alzando leggermente la voce: la sua ostilità comincia a influenzare anche me.

-È successo qualcosa che non so, dici? Va bene, cosa è successo? Perchè mi neghi di sapere?-.

-Sei un'insopportabile impicciona- risponde glaciale Mello.







La pazienza messa troppe volte alla prova diventa rabbia.

Publilio Sirio







Un attimo.

Uno sguardo calmo, forse leggermente vuoto.

Poi un sonoro ceffone in pieno volto.

Mello accetta in silenzio, senza rispondere al mio gesto impulsivo.

Probabilmente è consapevole di aver esagerato.

Credo capisca almeno in minima parte quanto la mia preoccupazione è sincera.

Eppure tace, fedele al suo segreto, irremovibile nella sua decisione di non dirmi nulla di ciò che gli passa per la testa.









La confessione è sempre debolezza. L'anima solenne mantiene i propri segreti, e riceve la punizione in silenzio.

Dorothea Lynde Dix







L' improvvisa consapevolezza del mio gesto mi colpisce con la forza di un uragano e tutto ciò che posso fare e voltarmi e lasciare la sua stanza a passi lenti e cadenzati.





Una volta giunta nella mia camera, nonostante io abbia tutta l'intenzione di non pensare a ciò che ho appena fatto, mi ritrovo seduta davanti al cavalletto regalatomi pochi giorni fa da Roger, colori e pennelli tra le mani .

E ogni tentativo di dimenticare l'accaduto è inutile, il soggetto che va imprimendosi sulla tela è inevitabilmente Mello.







La pittura è più forte di me; mi costringe a dipingere come vuole lei.

Pablo Picasso





Il movimento rapido del pennello traccia l'espressione che ho scorto sul suo viso nei sette secondi successivi al mio schiaffo, prima che me ne andassi.

Il volto scuro, serio, segnato da una certa incredulità.

Lo sguardo ostinatamente rivolto verso il basso.

Una mano posata sulla propria guancia, le labbra serrate.

Così differente dal Mello undicenne di grafite che mi osserva annoiato dalla parete cui è appeso ormai da quattro anni.

Così differente dal Mello irruento e scapestrato che ha animato l'orfanotrofio fino ad oggi.

Così sconosciuto e distante, così...

Adulto.

Che è diverso dall'essere maturo.



Essere adulto è avere responsabilità nuove.

Essere maturo è accettarle e sapere quanto sia doveroso affrontarle e in che modo.

E l'adulto non è necessariamente maturo.





La maturità è un'invenzione dell'uomo che non può ammettere di non essere migliorato.

Andrea G. Pinketts







Finisco il mio dipinto, nè soddisfatta, nè insoddisfatta.

Me ne allontano, lasciando che i colori si secchino lentamente, osservandolo distrattamente.

In un altro momento ne sarei stata fiera, ma ora non trovo nulla di interessante nel mio operato.







Sai perchè sei tanto agitata, Linda?

Sai perchè sei tanto inquieta e amareggiata?

Perchè anche questa volta, l'ultima possibilità che hai, non sei riuscita a mostrare ad una persona cui, per qualche sconosciuto motivo, sei affezionata quanto realmente ti importi delle sue sofferenze, delle sue decisioni e della sua vita.





Sospiro, il cuore reso paradossalmente più pesante dalla consapevolezza.





Dalla mia finestra scorgo l'angolo del giardino in cui ho ritratto Matt alcuni mesi fa.

Matt... Sarà chiuso nella sua camera come stamattina.

Solitamente quando passo accanto dalla sua stanza riesco a udire la musichetta dei suoi videogiochi e alcune sue esclamazioni di disappunto.

Oggi invece vi era il silenzio più assoluto.

Ho notato una busta che spuntava da sotto la sua porta: probabilmente Mello gli ha lasciato una lettera di saluto.

Matt affronta se stesso e la durezza della vita in silenzio, lontano da tutti.





E Near... Probabilmente sarà sempre seduto sulla solita mattonella del pavimento della sala comune.

Se anche la partenza di Mello lo toccasse, dubito che ne farebbe mostra.

Almeno non in pubblico.





Soffre veramente solo chi soffre senza testimoni.

Marziale







Decido di lasciare la mia stanza, in cerca di un po' di pace, magari proprio passeggiando nel giardino.

Apro la porta della mia stanza e mi immobilizzo, sbigottita, trovandomi di fronte all'oggetto dei miei pensieri nelle ultime ore.









-Mello?-.

Il ragazzo è chino davanti alla mia porta, la borsa già a tracolla, pronto per la partenza; è evidentemente sorpreso di vedermi, nonostante si trovi nel luogo dove passo gran parte della giornata, e leggermente imbarazzato.

Si raddrizza di scatto, grattandosi nervosamente una guancia.

-Volevo lasciarti questo- dice con voce appena udibile; capisco che parlarmi gli costa un certo sforzo.

Abbasso lo sguardo verso la sua mano tesa a tendermi l'oggetto che poco prima era intenzionato a posare vicino al mio uscio.

-La tua Divina Commedia... Credevo tu tenessi a questo libro-.

-Infatti-.

-E perchè lo cedi a me?-.

Mello punta gli occhi cerulei verso il soffitto.

-Credo... Spero che lo conserverai con cura, cosa che io temo di non poter fare dovunque andrò ora-.



Taccio pensierosa, rigirandomi tra le mani il libro.

-Non sai dove andrai?- domando in tono assolutamente neutro.

L'indifferenza è qualcosa che manda in bestia sia lui che me, eppure ora è l'unica maschera che riesco a indossare con naturalezza.







L'indifferenza è l'essenza dell'inumanità. tratto da George Bernard Shaw





-No- risponde puntando nuovamente lo sguardo su di me.



Non reagisco, ho già manifestato sufficienti emozioni nei suoi confronti poche ore fa.

Non ho intenzione di scusarmi, dato che neppure lui ha ritenuto opportuno farlo.

Se vuole credere che io sia solo un'impicciona, faccia pure.







Tanto non dovrò vederlo mai più.

Non dovrò più sentire la sua voce tonante invadere i corridoi.

Non vedrò più una massa di capelli biondi sfrecciare nei corridoi all'ora di merenda in inverno, dopo la battaglia a palle di neve, per bere la cioccolata che tanto ama.

Non vedrò più la sua espressione tra l'esasperato e il furioso, al limite dell'esplosione, quando vengono esposti i voti dei compiti in classe, in cima ai quali spicca il nome dell'odiato rivale.

Non inciamperò più in fili tesi qua e là da lui e da Matt, non mi cadrà più in testa alcun secchio d'acqua collegato a quei fili, rendendomi conto di essere per l'ennesima volta la vittima dei loro scherzi infantili.



Non lo vedrò mai più, forse.

Lo comprendo solo ora.

E devo ammettere che è doloroso.









La sofferenza è una specie di bisogno dell'organismo di prendere coscienza di uno stato nuovo.




Marcel Proust









Annuisco in silenzio, lottando per non lasciarmi sopraffare dall'ondata di malinconia che mi invade il cuore.

Mello sembra esitare per un istante, ma lo precedo: - No, davvero, non dire nulla. Avrò cura del tuo libro, non preoccuparti... Chissà mai che non te lo restituisca un giorno- concludo, tentando di sembrare convincente.

Sento il suo sguardo su di me, mentre sfoglio distrattamente il testo.





Un sospiro, poi richiudo lo scritto dantesco, posando una mano sulla copertina di cuoio.

-C'è altro, Mello? Non voglio trattenerti- affermo con aria decisa, sfrontata, fissandolo dritto negli occhi.

Ho fatto trenta, tanto vale fare trent'uno.

Forse non noterà quanto io stia sforzandomi di nascondergli il mio stato d'animo.





-L è morto-.

La sua frase provoca un gelo istantaneo dentro di me.

L.

Morto.





-È per questo che te ne vai?- domando, la voce spezzata per la notizia appena ricevuta.

-No. Diciamo che la sua morte mi ha fatto riflettere su alcune cose- risponde evasivo.

Comprendo che non mi dirà altro.

Sospiro.

-Dunque Near è l'erede di L- concludo, notando come rimanga impassibile quando pronuncio il nome del rivale.

Mello annuisce, ma le labbre rimangono ancora una volta serrate.

-Grazie per l'informazione- aggiungo asciutta, anche se il mio contegno sdegnoso è ormai venuto meno; difficile restare indifferenti di fronte alla morte dell'uomo che si è maggiormente stimato in vita propria.

Però non mi è sfuggito il fatto che Mello non mi abbia risposto.

Non ha voluto dirmi perchè se ne va.

Bene, lo accetto.

Va bene così.



Faccio per congedarmi, ma Mello compie un gesto inaspettato.

Posa la mano sulla copertina del libro, accanto alla mia, per poi chiudere gli occhi e declamare con la sua voce bassa e potente:



-
"O frati," dissi, "che per cento milia


perigli siete giunti a l'occidente,

a questa tanto picciola vigilia



d'i nostri sensi ch'è del rimanente

non vogliate negar l'esperïenza,

di retro al sol, del mondo sanza gente.



Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza". -



Pronuncia tali versi nella loro lingua originale, in tono appassionato e deciso, ponendo maggiore enfasi negli ultimi tre versi.



Ricordo vagamente di aver studiato questo canto del testo dantesco... Ulisse esortava i suoi compagni a proseguire verso la montagna del Purgatorio.

Mello riapre gli occhi, concedendosi un leggero sorriso: - È il mio passo preferito-.

Resto pensierosa per alcuni istanti, poi sorrido a mia volta, raggiante.



Ho capito.





La sincerità non consiste nel dire, ma nell'intenzione di comunicare la verità

Samuel Taylor Coleridge




Annuisco, mentre lui solleva la mano dal libro, sfiorandomi, per riportarla lungo il fianco ed estrarre una tavoletta di cioccolata.

-Capisco... Giovane Ulisse, ti aspetta una vita dura- dico, sapendo che questo sarà il nostro ultimo scambio di battute.

Mello ha un'espressione sicura, decisa.

Negli occhi azzurri vi è un bagliore di arroganza, gli incisivi affondano nel cibo bruno con uno schiocco sonoro.

-Io vivrò a modo mio, Linda. È tutto ciò che so-.











Lo osservo dalla mia finestra, mentre si allontana, seguito dai saluti di alcuni compagni di gioco.



Forse il ruolo e le responsabilità che aveva qui erano un giogo troppo pesante e fastidioso per un essere attivo e curioso come lui.

Forse la morte di L è stata la scintilla che lo ha portato a comprendere quanto non provi frustrazione solo per l'essere secondo, ma anche e soprattutto per l'essere assolutamente vincolato a vita al ruolo di erede di L e alla rivalità con Near.

Forse.

Ma gli basterà lasciare questo posto per lasciarsi alle spalle la vita condotta fin qui?





Mello si ferma un istante, voltandosi indietro.

Fissa un punto sotto la mia finestra.

La stanza di Near.

Forse il suo proprietario è lì, dietro al vetro, ad assistere alla partenza del bambino pestifero che spesso faceva crollare le sue costruzioni.

Lo sguardo di Mello si fa affilato, carico di rancore.

Poi quest'ultimo volta le spalle e prosegue.









Mello non è libero come vorrebbe.

Temo che non lo potrà vivere totalmente a modo suo... Una parte di lui è comunque legata al suo passato.

Troppo, aggiungerei.

Lo immagino fra qualche anno, magari a capo di qualche importante organizzazione investigativa, forse leader di una gang di criminali, ma sempre assolutamente deciso a perseguire il suo scopo: battere Near.

Sono certa che non abbandonerà la sua rivalità.

È parte di lui, ormai.





















Roger ci chiama per il pranzo.

Lascio la mia stanza, decisa: passerò anche per una ficcanaso, ma non ho alcuna intenzione di lasciare sole le persone cui tengo.

Busso alla porta di Matt e attendo alcuni istanti.

L'uscio viene aperto e mi ritrovo davanti ad uno spettro con una chioma arruffata di capelli scarlatti e l'aria infelice.

-Matt, come stai?-.

Lo spettro bofonchia un " Più o meno", prima di venire soffocato dal mio abbraccio.

In un'altra occasione avrebbe fatto qualche battuta sui miei eccessivi sentimentalismi, ma ora come ora tace, posando la fronte contro la mia spalla.

-Dai, andiamo giù a mangiare qualcosa- sussurro, acccarezzandogli la testa con delicatezza.

-Se ci tieni tanto...-.

-Ok, diciamo che ci tengo-.

-E allora andiamo, non vorrei scontentare una signora- risponde con un sorriso tirato, scostandosi da me e permettendomi di prenderlo a braccetto.



E uno l'abbiamo raccattato, mi dico.

Ora l'altro.







-Near, ancora qui? Non vieni a mangiare?-.

La porta della camera di Near era aperta, non ho dovuto bussare.

Il ragazzo albino è seduto sul davanzale, lo sguardo vitreo e lontano.

Rischia di prendersi qualche malanno, rimanendo esposto alla corrente di vento fredda che entra dalla finestra, ma non sembra interessato alla propria salute.

Il collo è teso verso l'esterno, il profilo rivolto alla strada imboccata da Mello un'ora fa.



Ciò sembra stupire anche Matt che ha un'espressione quasi incuriosita: un po' di tempo fa mi ha detto di non avere mai avuto nulla di personale contro Near, piuttosto di non avere cercato occasioni di contatto con lui.

"Un amico come Mello occupa già gran parte della giornata" aveva detto ridendo.

Ora sembra guardarlo per la prima volta con attenzione e spero che ciò possa almeno distrarlo un po'.





Near sembra notarci solo alcuni istanti dopo che io abbia parlato.

-Linda, Matt. In realtà pensavo di rimanere qui... Non sono affamato- dice.

La sua voce è leggermente roca, come se avesse taciuto per lungo tempo.



Riferito a qualcuno di laconico quanto lo è Near, significa aver praticato il mutismo assoluto per almeno un paio di giorni.





-Capisco... Se preferisci rimanere qui da solo...- rispondo, sperando che il mio goffo tentativo di persuasione sia efficace.



Near rivolge gli occhi verso me e Matt: sembra combattuto, il che è già qualcosa.

Matt sussulta all'improvviso, portando la mano destra alla tasca dei jeans.

- Toh, guarda... Non gliel'ho restituita-.

Matt regge tra le dita una delle tavolette di fondente ricoperte di stagnola di Mello.

Il suo sguardo si è leggermente intristito, ma le labbra sono distese in un sorriso divertito: - Sarebbe capace di tornare indietro per riprensersela...- aggiunge, entrando con disinvoltura nella stanza e sedendosi sul pavimento a gambe incrociate, a pochi metri dalla finestra da dove Near ci scruta con aria leggermente stordita: non sa bene che fare, forse, ma non sembra seccato dalla nostra intrusione.

-Una volta gliene ho rubata una per ripicca ed è andato fuori dai gangheri, strepitando per il resto del giorno... Volevo vendicarmi per come avevate ridotto la mia bambola- lo rimbecco, sedendo davanti a lui, in modo da averli entrambi di fronte. Matt si esibisce in un ghigno da mascalzone in piena regola, poggiando poi la tavoletta sul pavimento, in mezzo a noi.

-Ah, allora eri stata tu! Era l'ultima che aveva, ricordo bene... Effettivamente la tua bambola aveva qualche problemino ai capelli dopo la nostra visita... Erano blu?-.

-No, era rapata a zero-.

-Giusto, i capelli blu li avevamo fatti a... A chi?-.



- A me, credo-.

Near si è avvicinato silenziosamente, scivolando tra di noi e mettendosi nella sua solita posizione assurda. Ha un'espressione indecifrabile, pensierosa, mentre l'indice della mano destra si immerge nella chioma bianchissima: -Fu un risveglio traumatico... Devo avere ancora qualche ciocca azzurra, penso. Una tinta piuttosto resistente, se consideri che è stata eseguita sette mesi fa-.

-Sul serio? Gli avete tinto i capelli di blu?- domando incredula; Matt ridacchia nervosamente.

-Blu cobalto...- precisa Near assorto.

-Uhm, sì, me ne ero quasi dimenticato... Quella volta siamo stati piuttosto... Originali- disse Matt, tentando di capire quanto fosse nei guai.

-Avrei altri aggettivi per definirvi, Rosso. Come ho fatto a non accorgermi che avevi i capelli cobalto?- domando a Near che risponde con un sorrisetto:- Non sono uscito dalla mia stanza per una settimana con la scusa di un'influenza-.

Lancio a Matt una tale occhiataccia che questo sembra rimpicciolire:- Ehm...Near, mi dispiace... Siamo stati tremen... Oddio, è vero!- esclama, interrompendosi e avvicinandosi a Near.

-Cosa?- dico, avvicinandomi a mia volta.

-È azzurra, guarda!- dice ridendo, prendendo delicatamente tra pollice e indice una ciocca azzurrina , prima nascosta da alcune altre candide.

-L' avevo detto- brontola Near con aria vagamente imbarazzata.





Il pomeriggio passa lento e sereno, nonostante gli avvenimenti della mattina.

Ignari di pranzo, merenda e attività varie proseguiamo, rievocando momenti belli e brutti passati con Mello, davanti agli occhi ciechi della sua tavoletta di cioccolata.

È un tributo alla sua vita qui alla Wammy's, alle sue imprese, alla sua persona.

O forse il nostro tentativo di dimenticare per qualche istante che questa è probabilmente la fine di una fase.

Le cose cambieranno, lo percepiamo tutti e tre.











L è morto.

Mello se ne va.

Near è l'erede di L.

Si deve crescere.

Si diventa adulti.

Fine prima parte.











 
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elle92
view post Posted on 2/12/2010, 15:23




lungo....ma moooooooooooolto bello!!! :mki:
 
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view post Posted on 26/12/2010, 12:30
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hopeless ϟ

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è un capolavoro *______* non credo di poter dire altro!
 
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46 replies since 13/9/2010, 22:07   1879 views
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